Incidente mortale in tangenziale, ragazza di soli 29 anni muore sotto gli occhi dei genitori

 

Poco distante dall’uscita 13 della tangenziale c’è un autolavaggio. È qui che, il venerdì sera, si ritrovano i ragazzi appassionati di auto da corsa. Intorno alle 20, per due chiacchiere, uno sguardo ai modelli modificati, un aperitivo e poi a casa. Un’abitudine tenuta sotto controllo dai carabinieri e dalla municipale di San Lazzaro, visto che in passato alle forze dell’ordine era arrivata voce che qualche appassionato dall’osservazione fosse passato anche alla prova dei mezzi.

E, dopo la morte di Marialaura Dibenedetto – 29 anni, originaria di Caltagirone, ma residente da anni a Bologna – si sta cercando di capire se la ragazza ventinovenne si sia ritrovata, suo malgrado, in mezzo a una pista improvvisata oppure se il ventitreenne di Marzabotto, arrestato per omicidio stradale, stesse tirando la sua auto a tutta velocità soltanto per dimostrare la potenza della Sierra all’amico. E questo, malgrado fosse completamente ubriaco. Sul profilo Facebook del ventitreenne salta subito all’occhio la passione per le auto sportive. Il 13 aprile dello scorso anno, in un post condivideva la foto del motore della sua nuova auto da corsa, aggiungendo: «Quando sarai finita mi divertirò».

L’impatto tra l’auto e moto è stato violentissimo, con la moto che rimane incastrata nel motore della macchina e così trascinata per trecento metri. Il corpo di Marialaura, invece, resta indietro. Immobile. Nel tamponamento la ragazza è volata via dalla sella dell’Aprilia, ha battuto la testa sulla strada ed è morta sul colpo. A poca distanza la seguivano, in macchina, i suoi genitori. E si sono trovati davanti lo strazio.

E, scorrendo indietro, ci sono video che mostrano corse folli di Punto in autostrada, Golf modificate, raduni. Il tutto condito da commenti entusiasti. Se Facebook è il luogo dell’irreale, i post condivisi non dimostrano nulla: ma che la Sierra, venerdì sera, viaggiasse a una velocità tale non solo da travolgere, ma addirittura da ‘inglobare’ la moto guidata dalla ventinovenne, tra l’altro un’Aprilia di grossa cilindrata, è un dato di fatto agli atti degli inquirenti.

 

Per capire come siano andate effettivamente le cose sarà necessario visionare le telecamere presenti nella zona e soprattutto ascoltare i testimoni. Non solo il ventunenne amico del guidatore, ma anche i genitori della povera ragazza, che hanno assistito impotenti alla morte della loro figlia. Il papà Antonio non ha retto al dolore: si è sentito male ed è stato trasportato al Sant’Orsola, dove, ironia tragica della sorte, lavora come infermiera sua moglie. Una famiglia distrutta da una tragedia senza senso, da un gioco incosciente. Che non resterà impunito: è da poco più di un anno che esiste il reato specifico di omicidio stradale, che prevede tra l’altro una pena non inferiore a 5 anni in caso di fuga e la revoca della patente, che non può essere riconseguita prima di 15 anni. Inoltre, nella sua pur breve carriera di guidatore, il 23enne ha già alle spalle un precedente per guida in stato di ebbrezza, con la patente sospesa.