Riforma pensioni le novità e modifiche possibile al varo governo Letta

Il Consiglio Europeo si è chiuso, con esso anche le decisioni in merito alle misure da adottare al comparto lavoro, anche in base alle indicazioni che Letta ha annunciato prima di recarsi a Bruxelles, dove si aspettava una novità da parte del nostro Governo. Tutti i Premier dei Paesi facenti parte della Comunità europea hanno di comune accordo anche varato gli investimenti necessari per l’occupazione giovanile. Dopo le parole, adesso si aspettano i fatti, cioè sentite le tante proposte ed intenzioni, adesso vediamo se ci sarà applicazione in concreto di quanto a livello nazionale ma soprattutto europeo Letta e i suoi hanno annunciato, perché fin oggi, sul lavoro non risulta alcuna riforma e nessuna misura differente a quella che è stata varata e attuata da almeno un anno a questa parte. Il discorso, superfluo dire, comprende il sistema pensionistico che reclama urgenza di revisione già all’indomani della critica, ma votata, Riforma Fornero.

Il Premier è tornato con un miliardo e mezzo dal Consiglio a fronte dei 9 richiesti e sprona le imprese ad assumere viste le misure che si tendono ad applicare sulle nuove assunzioni. Parole cui seguiranno fatti? Si rimboccheranno finalmente le maniche i nostri Ministri? Potessimo rispondere, lo faremmo ma solo il tempo potrà dirci se astratto e concreto combaceranno.  Per quel che concerne il welfare, dopo che i Ministri Giovannini e Saccomanni, all’unisono con Letta, sembravano aver svoltato sulla riforma Fornero, facendo tirare un sospiro ai lavoratori prossimi pensionati nonché agli esodati privi di tutela della salvaguardia, ecco che a poche settimane dall’inizio del Consiglio Europeo, le stesse persone dichiarano il dietro front su tutte le posizioni annunciate, addirittura negando la possibilità di revisione sotto ogni aspetto del nostro sistema pensionistico, così gettando nello sconforto una moltitudini di lavoratori, ex lavoratori, e giovani che speravano in incentivi e manovre che garantissero l’ingresso nel mondo del lavoro. Il tutto è stato giustificato con l’urgenza che il governo ha di dover risolvere prima questioni scottanti e di imminente scadenza come IMU, approvazione del decreto circa i pagamento dovuti dalla Pubblica Amministrazione alle imprese, che scottano come una dinamite in mano.

E poi c’è da stilare il piano lavoro per i giovani disoccupati. Quest’ultimo argomento, è stato oggetto di dibattito e decisione nel Consiglio dei Paesi della zona Euro che ha deliberato il via a 6 miliardi di euro da investire in politiche riferibili all’introduzione giovanile nel mondo lavoro e in particolare l’attenzione è stata rivolta a coloro che si trovano in un fascia di età massimo di 30 anni: il tutto con partenza 01.01.2014. Come noto, ingresso giovani e uscita lavoratori dall’ambito lavorativo è strettamente dipendente per il nostro esecutivo; non è nuova la pensata del cambio generazionale, prevedendo un incentivo per coloro che hanno da 50 in su e che da almeno un anno non hanno più un lavoro.

Questa previsione serve a far concludere il ciclo lavorativo e pensionistico ed evitare che si gonfi ancor più la categoria degli esodati già abbastanza straripante, oltre che riequilibrare la media dell’età della forza lavoro in corso. Allentato il super controllo della Comunità Europea, l’esecutivo italiano allenta un po’ la pressione che sentiva e cerca anche magari una strada più consona alla sua realtà sociale; tutto ciò non deve far saltare di gioia nessuno perché tutto è a livello di parole e basta. La Legge c.857, a firma dell’ex Ministro Damiano, meglio nota come la proposta sull’incentivazione della flessibilità, è da un paio di settimane allo studio della Commissione Lavoro alla Camera, ma questo non vuol dire né approvazione e né che tutto avverrà in tempi ristretti. La flessibilità prevede uscita dei lavoratori più anziani a favore dell’ingresso dei giovani sotto i 30 anni, così permettere una continuità lavorativa lunga e previdenza contribuita. Il sistema decurtazione per i prepensionamenti e nel contempo i bonus per chi rimane fino al massimo dell’età, potrebbe anche essere rivisto con misure più tenui, permettendo ai lavoratori più anziani di rimanere com

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unque magari rivestendo la mansione di tutor per i nuovi assunti e aiutarli nel percorso professionale.

Rimane il problema esodati, categoria creata e voluta dal Governo Monti che però non è stato in gradi di tutelare la loro situazione pensionistica ed economica in generale, problema che deve necessariamente sviluppare  risolvere l’attuale Governo preoccupandosi di trovare i fondi per le pensioni dovute a questi soggetti che sono stati già oggetto di tre decreti salvaguardia già in attuazione. Allo stato però sono ancora 120 mila quelli che attendono i benefici garantiti per gli altri e peraltro promessi al momento della scelta, dietro accordo con sindacati o datore di lavoro privato, per lasciare il proprio lavoro a beneficio, appunto di altro. Che però ad oggi non è arrivato almeno per questi 120 mila ex lavoratori.

Soluzione cocente ed urgentissima se si pensa che sono in procinto di far aumentare il numero appena detto i prossimo esodandi, come peraltro annunciato dallo stesso Ministro Giovannini in una recente question time parlamentare.