Riforma pensioni come potrebbe cambiare la legge Fornero

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La soluzione per risolvere il problema pensioni in Italia sarebbe una riforma del sistema che da un lato potrebbe spianare la strada del lavoro ai giovani , e dall’altro fosse garante dei diritti di chi alla pensione ci è arrivato: Se fosse tanto banale però non staremmo ancora qui a parlare di ipotesi e progetti e idee senza nulla di concreto.

All’esame del Governo ci sono due ordini di proposte: incentivi e deterrenti. Considerando la seconda ipotesi, un soggetto che lascia il mondo del lavoro a 62 anni subirebbe una decurtazione di 209 euro ( e quindi per intenderci l’mporo che percepirebbe mensilmente passerebbe da 1.532 euro lordi a 1.323 euro lordi )  che scenderebbe a 167 euro l’anno dopo sino ad arrivare a  59,94 euro al mese per chi si congeda un anno prima del previsto.

I sindacati però fanno notare come questo sistema sia molto simile a quello stabilito dalla riforma Dini del 1995 ed affermano : “Non siamo contrari alla flessibilità purchè non si parli di penalizzazioni ma di incentivi per favorire l’entrata in pensione, perchè se si punta esclusivamente su un modello penalizzante ancora una volta si scarica tutto sui pensionati”.

 

Anche le pensioni del settore scuola necessitano di una sostanziale riforma che differenzi la situazione fra uomo e donna e cerchi di spingere l’inserimento di giovani docenti.

La differenza d’età sarebbe la discriminante fra uomini e donne e nel contempo si prevedono pensionamenti anticipati che utilizzino il lavoro part – time.

Un capitolo a parte merita la discussione dei cosiddetti “quota 96” ai quali la riforma Fornero ha impedito di raggiungere l’agognata pensione.

Occorre ricordare con grazie a tre nuovi provvedimenti sono stati tutelati più di 130 mila lavoratori, ma molti di più sono gli esodati ancora privi di qualsiasi salvaguardia; per questo bisognerà attendere l’autunno quando, una volta conclusosi l’iter di monitoraggio deciso dal Governo e sostenuta dal ministro del lavoro Giovannini, si potrà mettere in campo una nuova legge di stabilità.

La categoria degli esodati è un fiume che si ingrossa giorno dopo giorno e comprende varie tipologie: troviamo sia lavoratori cessati dal servizio a seguito accordi collettivi o individuali che sino al 6 gennaio 2015 non potranno ambire alla pensione, sia lavoratori licenziati senza accordo né mobilità cosi anche lavoratori che pur essendo in mobilità non posseggono i numeri per andare in pensione.

E’ una situazione molto variegata che investe diversi aspetti,  pertanto lo stesso ministro Giovannini ha sentito la necessità di correre ai ripari per risolvere il problema degli esodati senza tutela.

L’unica soluzione possibile appare dunque un meccanismo flessibile rispetto a quello troppo rigido del decreto “ Salva Italia “.

Potrebbe essere consentito un pre – pensionamento a 62 anni di età e con 35 anni di contributi versati, con la penale di una riduzione di circa il 10 – 15 % del totale pensionistico. Questa parrebbe l’ipotesi più accreditata per risolvere il penoso problema degli esodanti rimasti orfani anche del sistema di tutela.