Riforma pensioni Governo Letta 2013: Giovannini a lavoro su diminuzione età pensionabile, quota 96 e lavoratori precoci

Il governo Letta ancora arenato sui tre punti cardine della riforma delle pensioni: l’abbassamento dell’età pensionabile, i quota 96 ed  i lavoratori precoci.

L’attuale ministro del Lavoro Giovannini esclude per il momento altri interventi sulle pensioni mentre il presidente della Commissione Lavoro alla Camera, Cesare Damiano vede allontanarsi sempre più la possibilità che la sua proposta di legge venga presa in considerazione.

C’è dunque ancora tanta confusione in questo panorama politico in cui però la questione pensioni  è di urgente attualità: secondo la proposta di Damiano il numero dei lavoratori che beneficiano di tutele previdenziali avrebbe dovuto essere ampliato, inoltre occorreva riconsiderare la flessibilità anagrafica per l’uscita dall’attività lavorativa; in base a questa proposta di legge infatti, è possibile ritirarsi dal lavoro tra i 62 e i 70 anni avendo maturato 35 anni di contributi ed accettando modifiche sull’assegno.

I lavoratori potrebbero scegliere di lasciare il lavoro fino ai 62 anni consapevoli della decurtazione del 2% sull’assegno mensile per ogni anno di lavoro in meno rispetto al limite di  65 anni; d’altra parte chi dovesse decidere di continuare a lavorare sino ad un massimo di 70 anni di età, avrebbe un incentivo del 2% per ogni anno lavorato in più.

Ora sembra tutto  congelato dalle dichiarazioni del ministro Giovannini, anche se l’idea di Damiano era finalizzata a reintrodurre una benefica gradualità che era stata bruscamente disattesa dalla riforma Fornero che aveva portato l’età pensionabile a 67 anni.

Ma il danno che ci portiamo dietro con tutte le sue conseguenze non si limita solo a questo: ci sono i c.d. “quota 96” che necessitano di un provvedimento ad ok.

I “quota 96” lo ricordiamo sono tutti quei lavoratori del settore scuola che pur avendo maturato 35 anni di contributi e raggiunti i 61 anni di età, si son visti rimandare la pensione a causa della riforma Fornero; ad aggravare la situazione, c’è la specificità del comparto scuola che non segue l’anno solare ma l’anno scolastico.

Ed il problema, pur riconosciuto da tutti, continua ad essere rimandato nonostante riguardi più di 6 mila lavoratori.

Eppure la proposta Damiano che avrebbe tra i meriti quello di favorire il ricambio generazionale e di permettere all’azienda Italia di ripartire, non può essere concretizzata poiché andrebbe ad intaccare grosse cifre di denaro.

L’intoppo dunque non sarebbe di tipo tecnico, ma solo economico poiché la riforma delle pensioni destabilizzerebbe i già precari saldi dell’istituto di previdenza. A tal proposito scrive Trovati “su ogni stipendio, azienda e lavoratore pagano un’aliquota complessiva del 33%, per cui se l’uscita anticipata (e la conseguente fine dei versamenti) non è accompagnata dalla creazione di nuovi posti di lavoro, i saldi previdenziali peggiorano e quindi occorre trovare una copertura aggiuntiva”.

Intanto gli italiani appaiono sempre più preoccupati ora che il governo Letta ha lasciato intendere che il problema sarà affrontato a settembre, per poi rendere operativa la riforma nel 2014, ma anche questa appare una promessa senza fondamenti certi allo scopo di procrastinare all’infinito.