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Renzi va giù duro, “Referendum regalo a Meloni, Pd senza credibilità. Schlein cancella la storia del partito”

Il leader di Italia Viva difende il Jobs Act, accusa Landini e Schlein di fare il gioco della destra e definisce “legittima” l’astensione.

“Il referendum? Un assist per la Meloni”

Per Matteo Renzi, il referendum del prossimo 8 e 9 giugno non è solo un errore strategico, ma un vero e proprio favore fatto al governo. Intervistato da Sky TG24, il leader di Italia Viva affonda contro la Cgil, Elly Schlein e l’intera sinistra che sostiene i cinque “sì” alla consultazione: «Questo referendum è un regalo a Meloni. Lei è in difficoltà e loro pensano ad attaccare i governi del passato». Il riferimento diretto è alle norme del Jobs Act, approvate dai governi Renzi, Gentiloni e Conte, oggi messe in discussione da una parte della stessa area politica che le votò.

«La Cgil sembra più interessata a litigare a sinistra che a mandare a casa la destra», accusa Renzi, che sottolinea l’assurdità di criticare oggi le riforme firmate da ministri come Padoan, Poletti e Pinotti. «Oggi sarebbe opportuno parlare di questo governo: abbiamo Lollobrigida, Salvini e Urso, e invece ci attardiamo su leggi di dieci anni fa».

“Io vado a votare, ma l’astensione è legittima”

Pur dichiarandosi favorevole alla partecipazione al voto – «Io vado e voto no sui referendum sul Jobs Act, sì solo per dimezzare i tempi della cittadinanza» – Renzi difende la legittimità dell’astensione. «In passato lo hanno fatto tutti i partiti. C’erano i manifesti dei Ds nel 2003 contro i referendum di Bertinotti, e nel 2016 fu il Pd, con me segretario, a chiedere di disertare il voto sulle trivelle».

Quanto alla posizione di Ignazio La Russa, che ha invitato a non votare, Renzi lo definisce «inopportuno per definizione» e lo accusa di comportarsi da “giocatore” più che da arbitro istituzionale. Ma ribadisce che, sul piano democratico, non votare è una scelta legittima, prevista dalla legge.

“Il Pd ha cambiato pelle, niente più riformismo”

L’ex premier è netto nel giudizio sull’evoluzione del Partito Democratico sotto la guida di Elly Schlein: «Il Pd ha cambiato pelle. Le idee riformiste non hanno più cittadinanza». Una trasformazione che, secondo Renzi, ha eliminato ogni ambiguità interna: «Con che faccia quelli che hanno votato il Jobs Act ora votano contro? Che dicono i ministri come Orlando o Franceschini?».

E se nel Pd si regolano i conti con il passato, lui rivendica un altro approccio: «Io penso a fare opposizione alla Meloni». Renzi dipinge la premier come “in crisi”: «Ventisei mesi di produzione industriale negativa, stipendi e pensioni ferme, famiglie alla Caritas. Vive in un mondo parallelo».

“Serve un fronte riformista, ma Conte e Fratoianni sono lontani”

Alla domanda sull’ipotesi di un’alleanza con Giuseppe Conte e Nicola Fratoianni, Renzi risponde con cautela: «È molto difficile. Le distanze sono rilevanti». Ma aggiunge che «di fronte a un governo che sta isolando l’Italia in Europa, è necessario trovare punti programmatici comuni su stipendi, educazione, cultura e sanità». E avverte: «Meloni ha talmente paura di perdere le elezioni che cambia la legge elettorale. Siamo noi ad avere paura di vincerle, se continuiamo a parlare di dieci anni fa».