Per la senatrice della Lega i minori crescono troppo in fretta e agiscono come adulti: la società deve reagire con fermezza e prevenzione.
“I ragazzi crescono prima, ma la legge è rimasta indietro”
“Oggi i ragazzi crescono più velocemente di un tempo e forse è arrivato il momento di abbassare l’età dell’imputabilità da 14 a 12 anni”. Lo sostiene con fermezza Giulia Bongiorno, senatrice della Lega e avvocata penalista, che in un’intervista al Corriere della Sera lancia l’allarme sulla crescente violenza tra i giovanissimi, spesso sfociata in episodi tragici come quello che ha coinvolto la 14enne Martina Carbonaro.
Secondo la parlamentare, si tratta di un fenomeno “antico, ma in forma nuova”, in cui il comune denominatore resta sempre lo stesso: “la convinzione maschilista che la donna sia inferiore, sottomettibile con la forza”. Una mentalità che affonda le radici in stereotipi culturali mai del tutto superati, come dimostrano i numerosi casi di femminicidio e violenze domestiche.
Codice Rosso e social tossici: “I ragazzi si sfidano a controllare le fidanzate”
Per Bongiorno, la legge ha già compiuto passi avanti con strumenti come il Codice Rosso, di cui è firmataria, “ma le norme da sole non bastano se non vengono applicate con rigore e costanza”. Il vero nemico, oggi, è una cultura della violenza che si insinua attraverso i social, che i più giovani vivono come l’unica realtà possibile.
“La rete è piena di challenge aberranti, come ‘come controlli la tua ragazza’ o ‘cosa le vieti di fare’. Alcuni video arrivano perfino a spiegare come uccidere una donna. E per molti adolescenti non c’è più distinzione tra reale e virtuale”, denuncia la senatrice.
L’esempio che porta è significativo: “Se chiedi a un ragazzino se preferisce baciare una ragazza o postare il video del bacio, ti risponde: ‘Postare’. Questo dice tutto su quanto siano egocentrici e dipendenti dall’approvazione social”.
Meno cellulari, più educazione affettiva e famiglie presenti
Il primo fronte su cui agire, secondo Bongiorno, è proprio la famiglia. “Dobbiamo limitare drasticamente l’uso del cellulare. Sono strumenti potentissimi che i ragazzi non hanno la maturità per gestire. Dobbiamo imporre limiti, anche se ci costa fatica”.
Ma servono anche scuole più preparate e figure specializzate in grado di parlare il linguaggio degli adolescenti. Le semplici ore di educazione civica o affettiva non bastano più. “Bisogna entrare nei loro meccanismi mentali, oppure il messaggio non passa”.
La proposta è quella di lanciare campagne massicce di prevenzione, con veri e propri vademecum per ragazze e genitori. “Bisogna insegnare a riconoscere i segnali d’allarme: la gelosia patologica, il controllo, i divieti, l’aggressività verbale. E soprattutto, l’insidia del cosiddetto ‘ultimo appuntamento’, che troppe volte precede una tragedia”.
“Serve un patto generazionale per salvare i nostri figli”
Per la senatrice, in gioco non c’è solo la sicurezza delle donne, ma il destino stesso di una generazione: “Abbiamo ragazzini che crescono soli, armati di coltelli, che si sentono forti solo se fanno male a qualcuno. Dove sono i padri? Dove sono le madri?”, si chiede con amarezza.
“Se vogliamo evitare altri casi come Martina, dobbiamo ripristinare il ruolo educativo della famiglia, affiancare i docenti con esperti e far sentire lo Stato presente. Serve un patto tra politica, istituzioni e società civile. Altrimenti, dobbiamo aspettarci il peggio”.