Nuovo studio, il cellulare se non utilizzato nel modo corretto provoca il cancro al cervello

 

L’effetto cancerogeno delle onde elettromagnetiche del telefonino era già stato riconosciuto sin dal 2011 dalla Iarc che aveva inserito questo dispositivo nella categoria 2b. “Il fatto che nel 2017 i tribunali italiani riconoscano già in primo grado la causa oncogena insita nei campi elettromagnetici generati dal cellulare è il segno del continuo avanzamento delle conoscenze scientifiche” spiega l’avvocato Bertone. Il dipendente della Telecom Roberto Romeo che si era ammalato di un neurinoma spera che la sua causa serva e sia di aiuto . “Non voglio demonizzare l’uso del telefono cellulare ma per evitare quello che mi è successo bisogna saperlo utilizzare in modo corretto. all’inizio pensavo di essermi preso un’infezione all’orecchio ma poi ho capito che la cosa era bene più grave” racconta ancora Romeo che era obbligato a usare il telefono cellulare al lavoro in quanto non si trovava in ufficio, ma era spesso in giro: “Per 15 anni ho fatto innumerevoli telefonate anche di venti e trenta minuti, a casa, in macchina. Poi ho iniziato ad avere la continua sensazione di orecchie tappate, di disturbi all’udito. E nel 2010 mi è stato diagnosticato il tumore. Ora non sento più nulla dall’orecchio destro perché mi è stato asportato il nervo acustico”. Una vicenda che ricorda quella di Innocente Marcolini, dirigente d’azienda bresciano che solo dopo una lunga battaglia giudiziaria era riuscito a ottenere giustizia in Cassazione.

Lo studio legale degli avvocati Ambrosio e Commodo, esperti in risarcimento del danno, avevano già intentato una causa alcuni anni fa “che è ancora giacente al Tar” per imporre al ministero una campagna di informazione sui rischi legati al cellulare. Ora hanno creato un sito internet che si chiama “neurinoma.info” in cui sono raccolte tutte le informazioni utili, “sono soprattutto i bambini e le donne in gravidanza a essere più vulnerabili” spiega ancora l’avvocato Bertone. “la popolazione deve essere avvisata perché basta usare il telefono con l’auricolare o a una certa distanza per poter abbassare i rischi”. “abbiamo avuto difficoltà sul profilo medico e scientifico perché ci è stato detto che non c’erano prove che potesse creare un tumore, ma è stato detto che non si poteva anche dire il contrario. Questa sentenza invece dice proprio che c’è un nesso causale ed è’ per questo che ora chi ci governa debba prendersi la responsabilità di fare qualcosa” dice l’avvocato Renato Ambrosio.

E a proposito di nesso causale: “Sulla base dei criteri elencati nel preambolo delle monografie della Iarc, le emissioni a Rf/Mo dei telefoni mobili (cellulari e cordless) dovrebbero essere classificate nel gruppo 1 dei sicuri cancerogeni per l’uomo”. E’ quanto scrive il professor Angelo Levis nella consulenza prestata in tribunale a Ivrea. Levis ha depositato una memoria per conto dello studio Ambrosio e Commodo: il documento richiama le conclusioni di numerosi autori, fra cui Lennart Hardell e la sua squadra di collaboratori del dipartimento di oncologia dell’Università di Orebro, in Svezia. “E’ urgente – scrive Levis – la revisione delle attuali linee guida finalizzata alla fissazione di limiti di esposizione realmente cautelativi”. “I risultati – osserva – delle indagini epidemiologiche caso-controllo, delle pooled analyses e delle metaanalisi di Hardell e di altri autori, comprese quelle di chi scrive, non lasciano dubbi circa l’esistenza di un rapporto causa-effetto tra esposizione abituale e per lungo tempo ai telefoni mobili (Tm – cellulari e cordless, analogici e digitali) e rischio – almeno raddoppiato e statisticamente significativo al 95% di probabilità – di tumori ipsilaterali alla testa: gliomi cerebrali, meningiomi e neurinomi acustici”.

“L’incremento del rischio quantificato da Hardell nei suoi ultimi lavori pubblicati nel 2013 e 2014 – aggiunge Levis – è impressionante: il rischio di gliomi è praticamente triplicato per l’insieme dei casi esposti a Tm da più di  10 anni, quasi quadruplicato negli esposti solo a cordless”. La nota che apre la relazione indica il professor Levis “già ordinario di mutagenesi ambientale all’Università di Padova, già membro della Commissione tossicologica nazionale, della Commissione oncologica nazionale, del Comitato scientifico dell’International Society of doctors for the Environment e dei gruppi di lavoro Iarc/Oms sulla cancerogenicità dei metalli.