Incendio Grenfell Tower di Londra, oggi Marco avrebbe compiuto gli anni: le toccanti parole di papà Gianni

Oggi, 26 giugno, Marco avrebbe compiuto gli anni. Sarebbe rientrato in Italia accanto all’inseparabile compagna, Gloria, con cui aveva deciso di provare quell’avventura a Londra, avrebbe festeggiato assieme alla famiglia, agli amici, a San Stino di Livenza, quel paesino della provincia veneziana in cui era nato, avrebbe, forse, soffiato sulle candeline della torta pensata apposta per celebrare il suo compleanno.

Ma Marco, purtroppo, ormai lo sappiamo, oggi non farà nessuna di queste cose; la sua vita, come quella di Gloria, come quella di moltissime altre persone, si è spezzata dentro quell’inferno di fuoco e ferro che è diventata la Grenfell Tower, la grande torre che sovrasta il quartiere popolare di North Kensington, nell’ovest di Londra, dopo l’incendio divampato al suo interno in piena notte, lo scorso 14 giugno.

Perché i due fidanzati veneti si trovassero all’interno del palazzo che ha preso fuoco ormai è cosa nota: entrambi architetti, si erano trasferiti a Londra da un paio di mesi; per cercare lavoro date le difficoltà a trovarne uno nel nostro paese, dicono alcuni, per avere opportunità diverse, qualcosa in più, secondo altri, o semplicemente per passione, verso il loro mestiere, quello per cui avevano studiato, e verso la capitale inglese, luogo di indiscutibile fascino e attrattiva.

Ma all’una di notte del 14 giugno, come da un bellissimo sogno da cui si viene bruscamente risvegliati, Marco e Gloria sono stati precipitati nell’incubo più nero e terribile, sono stati avvolti dal fumo, dalle fiamme, dallo choc tremendo di non riuscire a capire cosa stesse succedendo; solo che poi – e forse è la parte che fa più male sapere – lo hanno compreso, hanno realizzato, e con la realizzazione è giunta, di conseguenza, anche la rassegnazione, la consapevolezza che da lì, loro, non sarebbero usciti.

Ciascuno di noi, mentre nei giorni scorsi su tutti i telegiornali scorrevano impietose le immagini della tragedia, dello scheletro del grattacielo annerito e ancora fumante, e giornalisti ed esperti snocciolavano numeri, vittime e cominciavano la lunga tiritera delle responsabilità e del dramma annunciato, è rimasto colpito nel sapere che i nostri due ragazzi (sì, nostri, perché Gloria e Marco sono immediatamente diventati i nostri fratelli, amici, figli, colleghi di università) intrappolati lassù, nelle loro ultime ore hanno voluto mandare messaggi alla famiglia, agli amici. Per salutarli, per dire loro addio, e soprattutto “Grazie”.

Gianni Gottardi, il papà di Marco, ha avuto la forza di ricordare in video, intervistato da Porta a Porta, quei momenti, di parlare pubblicamente delle sensazioni, dell’angoscia, di ciò che lui, la moglie, e i genitori di Gloria hanno sentito, dal senso di impotenza al terrore,  a chilometri e chilometri di distanza da ciò che i loro figli stavano vivendo.

Quella mattina io e la mamma dovevamo partire per una vacanza – ha raccontato – e ci siamo svegliati prestissimo, alle 3.45 io ero nella doccia e mia moglie piangendo mi passa il telefono.

Era la mamma di Gloria, la ragazza di Marco, e mi chiede se sappiamo che c’è un incidente nel palazzo. Noi non sapevamo nulla e allora ho chiamato Marco e siamo rimasti in linea fino alle 4.07 ora italiana. Poi non c’è più stato contatto e lui mi ha lasciato un messaggio memorizzato sconvolgente.

Eppure, al telefono Marco non aveva lasciato presagire nulla dell’imminente tragedia in cui sarebbero rimasti coinvolti.

Pur di proteggere lei e non preoccupare noi, Marco ha dimostrato una serenità fino all’ultimo secondo, sembrava che non stesse accadendo nulla. Non so fino a che punto stesse minimizzando o fosse convinto che comunque ce l’avrebbero fatta. C’era scritto “in caso di incendio chiudere la porta e rimanere in appartamento” e lui si è attenuto scrupolosamente alle disposizioni. Quando ho saputo che una persona al piano sotto di loro, il ventiduesimo, si è salvata andando su e giù dalle scale un paio di volte abbiamo pensato che forse quella era un’alternativa, ma con i se non si fa nulla, non sappiamo se potevano farlo oppure no.

Nei giorni immediatamente successivi, va da sé, sono state aperte le indagini per accertare le cause dello spaventoso incendio, e la verità venuta a galla è a dir poco sconvolgente: tutto sarebbe nato dal frigorifero malfunzionante di una delle abitazioni, e le fiamme si sarebbero propagate a causa del rivestimento dell’intero edificio, che, come ha ammesso il ministro britannico dell’Economia, Philip Hammond, era stato dichiarato proibito. Hanno voluto risparmiare sui lavori di ristrutturazione, è stato detto, hanno usato materiale scadente, e questo è stato il risultato. Adesso però non è il tempo di pensare alle colpe e a chi, come spesso accade, abbia ecceduto in incoscienza o in malizia, né è nostro ruolo occuparci di accusare o puntare il dito; adesso è solo il momento del dolore, del dispiacere, di guardare i volti sorridenti di Gloria e Marco e rendersi conto che, per loro, non esisteranno più compleanni da festeggiare.

Erano legati, si vede anche dalle foto: erano felici perché avevano fatto tutto da soli. Non avevano mai manifestato il progetto di sposarsi ma conoscendo la loro cultura, carattere e istruzione sicuramente sarebbero arrivati a quel punto. Erano buoni, bravi, adorabili, qualcuno disse che quando una cosa è troppo bella poi si rompe. È successo questo, era troppo bella.

Inevitabile, però, che il pensiero di molti vada ai motivi per cui Gloria Marco si trovassero in Inghilterra; e allora ecco che si ripropone, puntuale, la critica verso uno stato inaridito che non concede spazi per coltivare speranze e futuro ai nostri giovani, verso un paese che spinge i suoi ragazzi a cercare fortuna all’estero piuttosto che dare loro l’opportunità di realizzarsi a casa loro.

È una vergogna che i nostri giovani quando possono produrre dei risultati sono costretti a emigrare – ha detto Gianni Gottardi – La mia generazione ha protetto solo se stessa, quando ho cominciato a lavorare c’erano delle regole, adesso non ce n’è più una. Questo sacrificio non deve essere gettato, deve servire a qualcosa e ho pensato a una fondazione, ma sono solo idee.