“Che fine assurda non si può morire così”, l’uro disperato dei colleghi dei due operai morti perché si è spezzato braccio della gru

“GLIELO dicevo sempre stai attento, è pericoloso. Lo ripetevo in continuazione, quelle altezze sono pericolose, ho paura, stai attento». L’urlo disperato, rotto solo da un pianto straziante è quello della cognata di Eugenio Viviani, costretta anche lei, insieme alla sorella di Eugenio, a fare i conti con una realtà atroce.

Il corpo di Eugenio straziato da una caduta di 10 metri, lì a pochi passi, sulle pietre di via Vittorio Veneto.

Senza vita, praticamente morto sul colpo. Un lenzuolo intriso di sangue, tutte le operazioni di rito che si compiono intorno, con i rilievi della scientifica e il sopralluogo del magistrato.

IL tempo si ferma mentre colleghi e parenti, seduti sul gradino lungo via Vittorio Veneto, sono sotto choc. «Abbiamo lavorato insieme una vita – dice uno di loro –, oggi era un intervento di routine, non riesco a credere. Speriamo che Antonio si salvi». Antonio Pellegrini, di Lammari, è l’altra vittima. Le speranze per lui sono durate di più, è stato fatto l’impossibile per rianimarlo, ma le sue condizioni sono apparse subito disperate, soprattutto per le lesioni alla testa.

«Come può spezzarsi il braccio di una gru che porta almeno 250 chili – dice un altro collega –. E’ un incidente incredibile, non c’è spiegazione. Sono mezzi soggetti a verifiche annuali di revisione. E’ un cedimento strutturale incredibile, non abbiamo mai avuto incidenti di questa gravità». Tanta gente che si è radunata nell’angolo di piazza San Michele a ridosso di Palazzo Pretorio dove è avvenuta la doppia tragedia.

«ho sentito un tonfo fortissimo – commentano al «Piccolo Mondo» –, un turista ha assistito alla scena, è rimasto scioccato. Sono venuti giù d’un botto, è successo tutto in un attimo. Terribile». C’è chi si chiede se le misure di sicurezza siano state rispettate. «C’è la cinghia per ancorarsi al cestello – dice un collega –, ma serve più che altro per non cadere di sotto quando siamo in altezza e magari ci si sporge giù. Non serve a attutire un’eventuale caduta. Anzi, forse con la cinghia è peggio».