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Rapinatori prendono in ostaggio 12 persone per ore, legate e imbavagliate in ufficio, bottino di 41 mila euro

Con le prime due dipendenti si sono aperti il varco e hanno fatto irruzione nell’azienda. Poi, in pochi minuti, hanno sequestrato dodici persone e hanno preso tutti i loro soldi. Quindi, lasciando le vittime a terra, sono fuggiti, convinti – sbagliando – di farla franca.

I carabinieri delle compagnie di Desio e Seregno, lunedì pomeriggio, hanno arrestato tre uomini accusati di rapina, sequestro di persona e ricettazione. In manette sono finiti Gennaro Zea, sessantunenne pregiudicato di origini foggiane ma residente a Lissone, suo fratello Luigi, di tre anni più piccolo e con lo stesso passato criminale, e Luigi Quattrocchi, cinquantottenne – anche lui pregiudicato – residente a Cinisello.

I tre, alle 8.30 di lunedì mattina, sono entrati in un’azienda che si occupa di consulenza finanziaria in via Bevera a Seregno e – pistole in pugno – hanno preso in ostaggio due impiegate. La banda, con lo stesso copione, ha poi sequestrato un’altra dipendente della società e nove clienti, che erano arrivati in sede con alcuni soldi in contanti da “versare”. I dodici, tutti terrorizzati, sono stati legati ai polsi con fascette da elettricista e chiusi in uno sgabuzzino dai tre, che hanno raccolto i soldi – 41mila euro in contanti – e si sono dati alla fuga a bordo di un furgone Nissan rubato tre giorni prima a Milano.

L’allarme è scattato soltanto tre ore dopo, quando uno dei sequestrati ha sfondato una parete in cartongesso ed è riuscito ad allertare le forze dell’ordine. Le strade dei fuggitivi e dei carabinieri si sono incrociate, quasi per caso, a Desio, dove l’attenzione dei militari è stata attirata da un furgone entrato a velocità sostenuta in una stradina di campagna. Quando gli uomini dell’arma, attraverso il controllo della targa, hanno scoperto che il mezzo era rubato, hanno continuato a tenere d’occhio la zona e dopo pochi minuti hanno visto tre auto uscire – sempre a velocità elevata – da quella stessa strada.

Una delle macchine è risultata intestata al più grande dei fratelli Zea, che a quel punto i militari hanno raggiunto a casa. Lì, i carabinieri hanno trovato i tre ancora occupati a decidere come dividere il bottino e con ancora addosso gli abiti usati durante il colpo. Gli stessi militari sono riusciti anche a mettere le mani sulle pistole – tre riproduzioni di Beretta 92 senza tappo rosso – e su un taser. Per i tre, già tutti con precedenti simili, si sono aperte le porte del carcere.