Legambiente dati choc su rischio idrologico sono interessati 6 milioni di italiani

Intervento immediato e necessario per scongiurare che con l’arrivo delle piogge il prossimo autunno si verifico nuovamente allagamenti e frane che provocano numerose vittime e danni incalcolabili alle abitazioni, a tutto il tessuto commerciale ed economico del paese.

Domani ci sarà un importantissimo appuntamento al festival nazionale di Legambiente che quest’anno ha un eccezionale location a Ripesca in provincia di Grosseto nel cuore della bellissima Maremma si discuterà del rischio idrologico in Italia.

I dai che emergono da un ultimo studio portato a termine da Legambiente sono sconcertanti con oltre 6.633 comuni con più di 6 milioni di abitanti che sono ubicati su terreni a rischio idrologico e quindi maggiormente esposti a frane e alluvioni.

Al momento sono solo 55 i consigli comunali che hanno deciso di far costruire nuovi immobili in zone a meno rischio idrologico in modo da attenuare il pericolo di un alluvione e di una frana.

Le regioni dove il pericolo è maggiore sono la Toscana che detiene il primato dei comuni a più alto rischio idrologico seguita da Calabria, Umbria, Valle d’Aosta  e le Marche.

Solo in Toscana i comuni interessati in particolar modo da questi nefasti eventi sono 280 un numero elevatissimo che pone un serio interrogativo su come intervenire nel modo più rapido possibile.

Il pericolo maggiore sono per le realtà industriali presenti nel paese costruite in zone a rischio idrologico che secondo l’analisi di Legambiente sono molti.

In caso di frana o alluvione le aree industriali non solo mettono in pericolo chi ci lavoro ma vi è il rischio gravissimo che ci sia in particolari industrie che possano creare gravi problemi all’ambiente versando dei prodotti nocini nella terra o anche nei vicini torrenti di acqua.

Oltre ad industrie costruite in  zone ad alto rischio idrologico ci sono anche scuole, ospedali e perfino sedi di municipi.

Un quadro molto allarmante quello di Legambiente  che è stato così illustrato dal responsabile scientifico dell’associazione Giorgio Zampetti: “Occorre far presto per invertire la tendenza degli ultimi anni in cui si sono spesi circa 800 mila euro al giorno per riparare i danni e meno di un terzo di questa cifra per prevenirli. La recente creazione della struttura di missione del Governo contro il dissesto idrogeologico è sicuramente una novità positiva. Oltre a liberare tutte le risorse già stanziate che negli anni lo Stato e gli enti locali non sono riusciti a spendere è però fondamentale far partire un programma nazionale di manutenzione e prevenzione. E’ prioritario soprattutto definire con maggiore chiarezza il ruolo, le competenze e la composizione delle Autorità di Bacino Distrettuali, avviando urgentemente la loro costituzione per garantire il coordinamento a scala di bacino nell’ambito della realizzazione degli interventi di mitigazione del rischio idrogeologico. La cabina di regia nazionale dovrà quindi garantire che gli interventi siano ispirati a un modello di efficacia ambientale ed economica e trasparenza delle procedure, anche per dare un chiaro indirizzo d’uso per i prossimi fondi strutturali”.

Serve quindi una nuova politica del governo e anche di tutte le istituzioni locali che devono in armonia decidere di effettuare massicci investimenti per fare in modo che si costruiscano nuove aree in zone che non sono a rischio idrologico.

Il danno è stato creato dall’uomo con il cemento selvaggio che ha creato città dove non era possibile costruire nemmeno un piccolo fabbricato  deviando corsi di fiume e disboscando il nostro territorio.

Ora bisogna intervenire prima che diventi troppo tardi!

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Lorenzo Costantino