Per il neurologo Sorrentino, Filippo Turetta “Non doveva andare da uno psicologo ma da uno psichiatra, evidente un disagio mentale”

Rosario Sorrentino, neurologo e divulgatore scientifico, sottolinea la necessità di un approccio medico specialistico nel caso di Filippo Turetta, l’assassino della fidanzata Giulia Cecchettin, evidenziando le lacune nel trattamento del suo disagio mentale.

L’appello per un cambiamento nel trattamento del disagio mentale

Il neurologo Rosario Sorrentino ha espresso un’analisi critica riguardo al trattamento di Filippo Turetta, il giovane che ha ucciso la fidanzata Giulia Cecchettin. Sorrentino evidenzia come una sottovalutazione clinica e la mancanza di un approccio medico specialistico abbiano contribuito a non contenere i disturbi psichici di Turetta.

Secondo Sorrentino, un intervento psichiatrico avrebbe potuto aiutare a ridurre la rabbia e le ossessioni del ragazzo, prima di integrare il supporto psicologico.

La necessità di un intervento medico specialistico

Sorrentino, nel suo intervento all’Adnkronos Salute, ha riflettuto sull’omicidio di Giulia Cecchettin e altri casi simili, sottolineando l’importanza di un approccio medico, come quello psichiatrico, nei casi di disagio mentale.

“Mi sono più volte chiesto in questi giorni riflettendo sull’omicidio di Giulia Cecchettin, così come per altri casi, come sarebbe andata se fin dall’inizio Filippo Turetta fosse andato subito da un medico, uno psichiatra ad esempio, e non da un psicologo. Lo dico perché quello che è accaduto deve far riflettere tutti, non ci possiamo permettere di vedere che nella maggior parte di casi simili a questo ci si riduca alle sole sedute dello psicologo e non ad un medico specialista che sappia stabilizzare l’equilibrio biologico del cervello con una adeguata terapia farmacologica che non è l’ansiolitico dato dall’amico».

La Critica all’Approccio Attuale e la Necessità di Educazione Neurologica Il neurologo ha anche messo in discussione l’efficacia dell’attuale sistema di supporto psicologico, in particolare nelle scuole, evidenziando la necessità di un’educazione più ampia sui processi neurologici negli adolescenti. «Ci sono casi trascurati che posso esplodere in comportamenti imprevedibili – avverte il neurologo – per queto ritengo che mandare un esercito di psicologi nelle scuole serve a poco o nulla se non si inizia invece a parlare ai ragazzi, alle famiglie e ai docenti di cervello dell’adolescente e di cosa accade a livello neurologico in quell’età straordinaria ma molto complessa. Dobbiamo fare capire che può verificarsi uno squilibrio chimico a livello cerebrale, l’aspetto criminologico e psichiatrico abitano nella stessa mente di una persone e possono, se non curati, dar luogo a cose impreviste. Non possiamo girarci dall’altra parte e non può bastare solo lo psicologo».