La madre di Alessandro Venturelli, scomparso da tre anni è sicura “mio figlio è vivo ma è in trappola”

Tre anni dopo la scomparsa di Alessandro Venturelli, sua madre Roberta Carassai combatte contro l’archiviazione del caso, convinta che il figlio sia vivo e trattenuto contro la sua volontà.

La persistente lotta di una madre

Sono passati più di tre anni dalla scomparsa di Alessandro Venturelli, un giovane di 20 anni di Sassuolo. La sua mamma, Roberta Carassai, ha affrontato questi anni con determinazione, rifiutandosi di accettare le richieste di archiviazione del caso.

In una recente intervista al Corriere della Sera, ha espresso la convinzione che suo figlio sia ancora vivo, criticando aspramente le autorità per la gestione delle indagini. “Mio figlio è vivo ma trattenuto da qualche parte contro la sua volontà”, afferma Roberta, sottolineando che le circostanze della scomparsa del figlio non sono state indagate adeguatamente.

Fallimenti e frustrazioni nelle indagini

La signora Carassai ha espresso frustrazione per ciò che percepisce come negligenza da parte delle forze dell’ordine. “Ho bussato a tutte le porte, ma l’indagine è stata inadeguata”, lamenta la donna. Le autorità, secondo lei, hanno trattato il caso come un allontanamento volontario senza indagare a fondo. Nonostante le segnalazioni ricevute, non è stata effettuata un’indagine approfondita.

“Non c’è stato un posto di blocco, non hanno visionato le telecamere”, riferisce Roberta, sottolineando l’assenza di azioni concrete da parte degli investigatori.

Il ritardo nell’apertura dell’indagine per sequestro di persona

Solo quattro mesi dopo la scomparsa di Alessandro, le autorità hanno avviato un’indagine per sequestro di persona. Roberta descrive la disperazione e il malessere di suo figlio prima della scomparsa, criticando il ritardo con cui è stata considerata la possibilità di un sequestro. “Il telefono di Alessandro è stato esaminato dopo quattro mesi”, sottolinea, indicando ulteriori negligenze procedurali. Inoltre, lamenta il fatto che il pubblico ministero incaricato del caso non l’abbia mai ascoltata personalmente. La signora Carassai conclude con la sua determinazione a combattere contro l’archiviazione del caso, continuando a cercare verità e giustizia per suo figlio.