“Scusi, lei spaccia?”: Ora la Cassazione dà ragione a Salvini, condannata per narcotraffico la famiglia che citofonò
La Cassazione conferma condanne per narcotraffico nella zona Pilastro, dove nel 2020 Salvini citofonò a una famiglia accusandola di spaccio.
Condannati i narcotrafficanti del Pilastro
La Corte di Cassazione ha confermato gran parte delle condanne per i componenti dell’organizzazione criminale attiva nel quartiere Pilastro di Bologna, accusata di gestire lo spaccio di droga tra il 2019 e il 2020. La decisione arriva a cinque anni dalla citofonata dell’allora leader dell’opposizione Matteo Salvini, che nel gennaio 2020 si recò in quella stessa zona in piena campagna elettorale per le regionali, chiedendo pubblicamente: «Scusi, lei spaccia?». Una provocazione che sollevò un’ondata di critiche e ironie, ma che oggi assume un altro significato.
L’inchiesta nata da un omicidio
L’indagine, coordinata dai pm Roberto Ceroni e Marco Imperato, prese il via dopo l’omicidio di Nicola Rinaldi, avvenuto nell’agosto del 2019 in via Frati, sempre nel quartiere Pilastro. I familiari della vittima risultarono coinvolti nell’indagine più ampia sul traffico di stupefacenti. In primo grado, con rito abbreviato, il gup Sandro Pecorella aveva inflitto condanne fino a 14 anni di carcere per 21 imputati.
Il processo d’appello aveva visto alcune riduzioni di pena, ma ieri la Quarta sezione penale della Cassazione si è espressa sul destino giudiziario degli ultimi 14 imputati. Per tutti, tranne uno, è stata confermata l’accusa di associazione a delinquere finalizzata al traffico di droga.
Una sola assoluzione e un rinvio
L’unico imputato assolto è un cittadino di origine albanese, difeso dagli avvocati Simone Romano e Roberto Filocamo, che in appello aveva ricevuto una condanna a otto anni, dieci mesi e venti giorni. I supremi giudici hanno accolto il ricorso della difesa, annullando la parte della sentenza relativa al presunto ruolo di promotore dell’organizzazione. Per lui è stato disposto un nuovo giudizio da parte della Corte d’appello.
La conferma delle condanne arriva in un momento in cui il gesto di Salvini, ampiamente criticato nel 2020, torna al centro del dibattito politico e giudiziario. Quella citofonata, definita da molti un atto di propaganda, oggi si intreccia con la realtà certificata dai tribunali.