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Pd in rivolta, i riformisti sfidano Schlein: “Ha fallito serve un chiarimento subito”

Dopo il flop del referendum, si apre lo scontro interno: i riformisti chiedono un chiarimento, ma la segretaria alza un muro. Attesa per Prodi e Franceschini.

Schlein chiude al congresso: “Finirebbe 80 a 20”

Nel Partito Democratico i toni si accendono. Dopo la sconfitta referendaria su Jobs Act e cittadinanza, l’ala riformista prova a rimettere in discussione la leadership di Elly Schlein. Ma dalla maggioranza arriva una risposta sprezzante. «Nessun problema. Gori, Picierno, Guerini possono chiedere il congresso. Ma oggi il rapporto di forza è 53% per Schlein, 47% per la minoranza. Se si va al congresso finisce 80 a 20. Non c’è partita. E loro lo sanno bene. Non lo chiederanno mai», è la linea dettata dai fedelissimi della segretaria al Giornale. Un avvertimento che suona più come un’intimidazione che una mano tesa.

Picierno e Gori chiedono una svolta, ma la segreteria frena

Il clima nel partito è teso. Ieri Igor Taruffi, uomo di fiducia di Schlein, ha sondato Montecitorio per testare la tenuta interna. Dall’area riformista arriva la richiesta di un chiarimento immediato. «Serve riflettere e decidere sulla proposta di alternativa di governo che offriamo agli italiani e sulle alleanze che intendiamo costruire a supporto, non limitate alle sigle di partito», afferma Pina Picierno. «Un nuovo contratto sociale, che faccia emergere ciò che finora è stato escluso da un Paese stanco». Il nodo è anche sul metodo: la segretaria vuole convocare la direzione a luglio, ma la minoranza pretende un confronto già nei prossimi giorni. «Gli attacchi di Gori e Picierno non si comprendono. Il tema bisognava sollevarlo in direzione, non dopo il voto», ribattono i sostenitori di Schlein.

Il fronte riformista si riorganizza: occhi puntati su Prodi e Franceschini

Nonostante il muro alzato da Schlein, tra i riformisti cresce la convinzione che qualcosa si sia incrinato. «La sconfitta ha aperto un solco nella linea della segretaria», filtrano fonti interne. Intanto lo scontro sulle regionali in Campania, con il dossier De Luca ancora aperto, potrebbe rafforzare la posizione del governatore uscente. Alcuni dirigenti dell’area riformista hanno partecipato all’iniziativa di Calenda e Renzi a Milano, segnalando un riavvicinamento al centro. Un dato non irrilevante: né Enrico LettaPaolo Gentiloni hanno votato al referendum, un segnale di freddezza verso la linea Schlein. Tutti aspettano la tradizionale intervista di Dario Franceschini al Corriere della Sera, che in momenti di transizione segna sempre una svolta. Anche dal mondo ex Margherita qualcosa inizia a muoversi. E arriva l’affondo di Pierluigi Castagnetti: «Così si va a sbattere, cioè va a sbattere il Paese perché privo di una opposizione, senza la quale la democrazia semplicemente non esiste». Ora si attende la voce di Romano Prodi.