Italia & Dintorni

Revoca immunità, l’allarme di Ilaria Salis, “Mi aspettano 24 anni di carcere in Ungheria”

L’eurodeputata di Avs lancia un appello in vista del voto sulla revoca dell’immunità: “Il mio caso non è personale, ma politico”

Salis: “Rischio l’arresto, ma la posta in gioco è lo stato di diritto”

«L’Europa deve decidere da che parte stare: con il diritto o con l’autoritarismo». Con queste parole Ilaria Salis, eurodeputata di Avs, interviene sulle colonne de La Stampa a dieci giorni dal voto della commissione Juri del Parlamento europeo sulla revoca della sua immunità parlamentare, chiesta dal governo ungherese. La stessa immunità che un anno fa, il 14 giugno 2024, le consentì di tornare libera interrompendo il processo a suo carico per presunte aggressioni contro militanti neonazisti.

Se la richiesta di revoca dovesse passare — prima in commissione il 24 giugno e poi in plenaria a inizio luglio — Salis potrebbe essere nuovamente processata in Ungheria. «Verrebbe riaperto il procedimento e rischierei un mandato di cattura internazionale. Potrei essere arrestata a Bruxelles o in Italia, anche mentre lavoro», spiega.

“Condanna già scritta, la magistratura è sotto controllo politico”

Secondo Salis, non ci sarebbe alcuna garanzia di un processo equo. «La magistratura ungherese non è autonoma. Il governo mi ha già condannata pubblicamente: Orbán e membri di Fidesz mi definiscono da mesi una terrorista e invocano pene esemplari. Temo un processo farsa con una condanna a 24 anni». La deputata afferma che le accuse mosse contro di lei non sono mai state supportate da prove e che fu arrestata arbitrariamente.

Nonostante le pressioni, la politica italiana tace. E sulla posizione del Partito popolare europeo, Salis osserva: «È il gruppo più grande del Parlamento, ma non so se avrà una linea unica. Difendere i miei diritti non è una questione di destra o sinistra, ma di rispetto per i principi fondanti dell’Unione europea».

“Sono grata all’Italia, ma serve una tutela attiva”

Salis non è mai più tornata in Ungheria dal giorno del rilascio. Il suo caso, tuttavia, si intreccia con altri. Parla con preoccupazione di Maja T., attivista non binaria detenuta da oltre un anno in isolamento nelle carceri ungheresi: «Il suo sciopero della fame è l’unico modo per farsi sentire. È stata estradata illegalmente, lo ha riconosciuto anche una corte tedesca. Ma nulla si muove».

Alla domanda su chi l’appoggia in Italia, Salis risponde: «Sento la solidarietà dell’opinione pubblica, sono stata eletta con oltre 176mila preferenze. E cerco di restituire fiducia col mio impegno nella commissione Libe, tutelando i migranti e contrastando la criminalizzazione di chi fugge dai conflitti». Invece, afferma, «alcuni rappresentanti dell’estrema destra hanno costruito contro di me una campagna denigratoria».

“Serve la voce delle istituzioni italiane, anche Meloni può aiutarmi”

Infine, un appello al governo. Alla domanda se l’intervento della premier Giorgia Meloni in suo favore sarebbe utile, Ilaria Salis risponde: «Credo di sì. Sarebbe importante. Sono una cittadina italiana, chiedo solo la tutela di un diritto, non di una posizione politica».

E conclude: «Non mi interessa essere un simbolo. Ringrazio chi si è mobilitato quando ero in catene, ma è triste che la solidarietà scatti solo quando si tocca l’icona. Non ho mai amato il personalismo. Il mio caso non riguarda me, ma la direzione che l’Europa intende prendere».