Il boss dei boss dei Casalesi, Francesco Schiavone detto “Sandokan” si è pentito

La decisione di Francesco Schiavone, noto come “Sandokan”, di collaborare con i magistrati dopo 26 anni di silenzio segna una svolta significativa nel panorama della lotta contro la camorra in Italia. La sua figura, simbolo della potenza e dell’influenza del clan dei Casalesi, porta con sé segreti e conoscenze che potrebbero aprire nuovi scenari nelle indagini sulla criminalità organizzata.

La Svolta di “Sandokan”

Francesco Schiavone, arrestato nel 1998 e condannato all’ergastolo nel corso del maxiprocesso Spartacus per una serie di gravi delitti, ha deciso di intraprendere il percorso della collaborazione con la giustizia.

Questo cambiamento segue l’esempio di suo figlio Nicola, che nel 2018 ha rotto il codice di omertà, diventando il primo membro della famiglia a pentirsi e a collaborare con gli inquirenti.

La decisione di “Sandokan” di collaborare, nonostante la sua condizione di detenuto sottoposto a regime di carcere duro, emerge in un contesto particolare, aggravato dalla sua malattia.

Implicazioni e Reazioni

La notizia che uno degli ultimi irriducibili della camorra casalese ha scelto di collaborare con la Direzione Distrettuale Antimafia (Dda) di Napoli ha provocato una serie di reazioni.

In particolare, le forze dell’ordine si sono recate a Casal di Principe, cuore del territorio sotto il controllo del clan dei Casalesi, per proporre ai parenti di Schiavone, tra cui il figlio Ivahnoe, di entrare nel programma di protezione.

Questa mossa conferma la serietà della volontà di “Sandokan” di aprire un nuovo capitolo nella sua vita, mettendo a disposizione della giustizia le sue conoscenze.