Bari, funerali del neonato morto nella culla termica, dolore e commozione, tanti fiori e palloncini
Si sono svolti questa mattina, 18 gennaio, i funerali del neonato morto nella culla termica della chiesa San Giovanni Battista, nel quartiere Poggiofranco di Bari.
La cerimonia e il cordoglio
Le esequie si sono tenute nella chiesa del cimitero monumentale, celebrate dal vescovo mons. Giuseppe Satriano. Il rito è cominciato con un’ora di anticipo rispetto all’orario comunicato. Numerosi cittadini hanno reso omaggio al piccolo con fiori e palloncini, manifestando il proprio dolore per la tragica vicenda.
Mons. Satriano, al termine della cerimonia, ha commentato: “È un momento di grande lutto e dolore. Una cosa pensata per la vita si è rivelata una trappola mortale. Questo non può che rattristare tutti. Il mio pensiero va soprattutto alla mamma che aveva visto in questa culla un momento di opportunità”.
Le indagini e le responsabilità
Per la morte del neonato sono indagati per omicidio colposo il parroco, don Antonio Ruccia, e il tecnico Vincenzo Nanocchio, che installò la culla termica nel 2014 e lo scorso 14 dicembre ne cambiò l’alimentatore.
Il vescovo ha espresso vicinanza a don Antonio, dichiarando: “Sento don Antonio, è un mio sacerdote e gli sono vicino, ma ho chiesto a tutti di non venire perché questi momenti non diventino una parata”.
Un angelo senza nome
Durante l’omelia, mons. Satriano ha definito il bambino “un angelo”, spiegando di non aver voluto prendere l’iniziativa di dargli un nome, lasciando la decisione al sindaco Vito Leccese. Una signora presente alla sepoltura ha commentato: “È un nipote di tutti, mi piacerebbe si chiamasse Angelo”.
Il vescovo ha anche sottolineato: “Questo bimbo senza nome ci ricorda altri bimbi senza nome morti in situazioni drammatiche. Molto probabilmente metteremo questo nome, ma la decisione finale spetta al sindaco”.
Appello alla discrezione e alla sicurezza
Al termine del rito, mons. Satriano ha lanciato un appello per una maggiore attenzione a livello nazionale affinché questi servizi, pensati come opportunità di vita, siano resi più sicuri. “Dobbiamo mantenere discrezione e delicatezza verso tutti. Spesso questi eventi diventano un’occasione per parlare, invece dobbiamo lasciare che la magistratura faccia il suo lavoro, che serve a migliorare la vita, non a condannare qualcuno o trovare un capro espiatorio”, ha concluso il vescovo.