La sinistra ungherese silura Salis: “Basta danni, non venire al Pride, restatene a casa”
Il deputato András Jámbor scrive a Salis e le chiede di non partecipare al Pride: “Il governo strumentalizzerà la tua presenza contro l’opposizione”
L’appello a sorpresa: “Non venire, farai del male alla sinistra”
Una voce insospettabile, quella di András Jámbor, deputato ungherese del movimento Szikra e figura centrale della sinistra radicale di Budapest, ha indirizzato il 28 maggio 2025 una lettera pubblica a Ilaria Salis, chiedendole apertamente di non prendere parte al prossimo Pride nella capitale ungherese. Una presa di posizione che sorprende non solo per il mittente – un esponente dell’opposizione progressista – ma anche per i toni netti con cui viene formulata.
“Questa non è solidarietà: vieni qui per la popolarità ma gli effetti li paghiamo noi”, scrive Jámbor, sostenendo che la presenza di attivisti o politici della sinistra occidentale rischia di diventare un’arma nelle mani del premier Viktor Orbán, abile nel ritrarre l’opposizione come pericolosa e radicale.
Il caso Salis e il ricordo del 2023
L’ex attivista antifascista Ilaria Salis, detenuta in Ungheria nel 2023 e oggi simbolo di una certa sinistra internazionale, è divenuta un punto di riferimento per molte battaglie civili. Tuttavia, per Jámbor, il suo ritorno a Budapest, specialmente in occasione di eventi pubblici e simbolici come il Pride, potrebbe avere un impatto opposto a quello auspicato.
“Nonostante rifiutiamo ogni forma di violenza, il sistema ha già usato il tuo caso per screditarci”, denuncia il deputato. La vicenda del suo arresto nel 2023, e le immagini della sua detenzione, sono state ampiamente sfruttate dalla propaganda governativa per etichettare l’opposizione come eversiva.
“Così si rafforza Orbán”: l’avvertimento finale
L’appello si chiude con parole dure e piene di frustrazione, che evidenziano lo scontro sempre più acceso tra le anime della sinistra europea: “Se vieni qui, se vengono qui, solo il sistema si rafforza. Qui e ora si può danneggiare l’Ungheria e la comunità di sinistra. Per favore, non fate più del male a questo Paese!”.
La lettera di András Jámbor solleva interrogativi profondi sull’efficacia delle manifestazioni di solidarietà internazionale in contesti autoritari o semiautoritari. In gioco, oltre alla libertà di espressione, anche la tenuta e la strategia delle opposizioni interne, che spesso devono misurarsi con una realtà molto più fragile e sorvegliata di quella a cui sono abituati i loro interlocutori europei.