“Sono italiano, non israeliano”: Parenzo boccia il manifesto di Lerner
Il giornalista rompe il silenzio e respinge il manifesto degli ebrei italiani contro Israele: “Non sono israeliano, sono italiano”
Il no di Parenzo al manifesto promosso da Lerner
Il giornalista e conduttore televisivo David Parenzo ha preso le distanze dal manifesto promosso da Gad Lerner, che invitava “ebree ed ebrei italiani” a prendere pubblicamente posizione contro le azioni del governo Netanyahu nella Striscia di Gaza. Intervistato dal Corriere della Sera, Parenzo ha replicato con fermezza: «Scusi, ma perché dovrei dissociarmi? E da che cosa? I terroristi si dissociano dai gruppi terroristici di cui avevano fatto parte. Io non ho fatto parte di alcun gruppo terrorista e non ho nulla da cui dissociarmi».
Secondo il giornalista, l’idea che un ebreo debba assumersi responsabilità per le decisioni del governo israeliano è profondamente sbagliata: «Io sono ebreo, non israeliano. Perché chiedere conto agli ebrei di quello che fa un governo eletto da israeliani?». E aggiunge: «Il diritto di critica nei confronti di Netanyahu è giusto e doveroso, lo esercito anche io; ma lo esercito da cittadino italiano, non da ebreo».
“L’appello firmato in quanto ebrei è fuori dal mondo”
Parenzo ha criticato con durezza la logica dell’appello, spiegando che firmare “in quanto ebrei” rischia di trasformare l’identità religiosa in una responsabilità politica: «L’uso della patente da ebreo sulla firma degli appelli è una cosa fuori dal mondo». Il giornalista ha poi sollevato un paragone per sottolineare l’assurdità della richiesta: «È giusto sottoporre a un americano all’estero un appello contro Trump?».
Parlando della crescente ondata d’odio, ha ricordato un fatto avvenuto negli Stati Uniti: «A Washington sono stati uccisi due ebrei da un criminale che gridava “free Palestine”. Forse anche loro avevano la colpa di non essersi dissociati e di non aver firmato appelli?».
Parenzo: “Dolore per ogni bambino, senza bandiere”
Nel corso dell’intervista, Parenzo ha parlato anche delle immagini dei bambini uccisi nella guerra tra Israele e Hamas. «Non faccio altro che guardare le loro foto. E se qualcuno pensa che per il fatto di essere ebreo mi facciano meno male di quanto me ne farebbero se i bambini uccisi fossero israeliani, quel qualcuno è fuori di testa».
Per il giornalista, la guerra iniziata il 7 ottobre non può essere derubricata a un conflitto tra pari: «È una sporca guerra. Iniziata e voluta il 7 ottobre da Hamas, non da Israele». Ha poi raccontato di aver visto, in forma riservata presso l’ambasciata israeliana a Roma, un video esclusivo del massacro nei kibbutz israeliani. «La parte che non riesco a dimenticare? Bambini israeliani separati dai genitori, messi in una stanza accanto mentre i genitori venivano torturati e uccisi. I bambini erano costretti ad ascoltare tutto. Questo è avvenuto prima dei bambini uccisi a Gaza».