Caos Pd, il partito di Schlein somiglia sempre più ad Avs, isolati i riformisti, “I nuovi ortodossi”
Da voci marginali a riferimento politico: Tarquinio e Strada oggi rappresentano la linea dominante. I riformisti dem appaiono isolati e silenziati.
Un anno fa erano “voci laterali”, oggi dettano la linea
Basta un anno per stravolgere gli equilibri interni di un partito. Lo dimostra la traiettoria del Partito Democratico, che appena dodici mesi fa candidava Marco Tarquinio e Cecilia Strada alle elezioni europee sostenendo che le loro posizioni in materia di politica estera fossero marginali e non rappresentative della linea del partito. Una scelta giustificata con l’argomento, allora condiviso dai vertici e dai commentatori d’area, che in un grande partito possano convivere anime diverse.
Oggi, però, la situazione è completamente ribaltata. Non sono più voci isolate, ma interlocutori centrali. I temi e le posizioni espresse da Tarquinio e Strada, un tempo considerate laterali, sono diventate il punto di riferimento pubblico e mediatico del partito, in particolare sui dossier internazionali.
La svolta di Schlein e il silenzio dei riformisti
Questa trasformazione non è avvenuta per caso, ma è il frutto di una precisa scelta politica della segretaria Elly Schlein. È lei ad aver determinato l’attuale assetto, in cui la corrente riformista, un tempo considerata centrale, appare oggi relegata ai margini del dibattito, con pochissimo spazio per incidere sulla linea politica.
I “nuovi ortodossi” – come vengono ormai etichettati alcuni esponenti pacifisti e anti-Nato – non si limitano a esprimere le proprie opinioni, ma le impongono con forza, senza tentativi di mediazione. Si moltiplicano interviste, prese di posizione e presenze sui media. Nessun tentativo di accomodamento verso l’ala più moderata, che oggi sembra in netto affanno.
Mentre Tarquinio e Strada parlano con voce forte e autorevole, i riformisti sembrano destinati a un ruolo secondario, quasi obbligati a giustificarsi per ogni uscita e a sollevare timide obiezioni contro il peso crescente della componente iperpacifista e filo-palestinese.
Un partito sempre più simile ad Avs
Il quadro interno al Pd è ormai evidente anche agli osservatori più cauti: la direzione è chiara e non sembra destinata a cambiare da qui alle prossime elezioni politiche del 2027. La minoranza riformista si trova ora davanti a un bivio.
Potrà scegliere di accettare il nuovo corso, rinunciando di fatto a influenzare la linea politica, in cambio di una rappresentanza parlamentare limitata ma garantita. Oppure tentare una strada autonoma, cercando spazi altrove, in uno scenario ancora tutto da definire. L’alternativa, come molti osservano, è tra l’assimilazione a una forza che sempre più assomiglia ad Avs, e la scomparsa politica.