Caos Pd, la Schlein resta immobile, Ruffini raduna i dissidenti e prepara la rivoluzione riformista

Mentre il Pd festeggia il 23% nei sondaggi, Ruffini costruisce un polo riformista per superare l’impasse ideologica e riportare il centrosinistra al governo

Schlein celebra il 23%, ma il partito resta fermo

Nel giorno in cui Elly Schlein si aggrappa con forza al 23% nei sondaggi come fosse un traguardo storico, c’è chi si muove per cambiare le carte in tavola. È Ernesto Maria Ruffini, ex direttore dell’Agenzia delle Entrate, che rompe il silenzio e lancia un messaggio chiaro: basta immobilismo, serve una proposta politica nuova, capace di aggregare riformisti veri, sindaci civici e amministratori delusi dall’attuale direzione del Partito Democratico.

Nessuna operazione solitaria né Opa ostile, ma un progetto che punta a costruire una rete alternativa a una sinistra che appare sempre più identitaria e minoritaria. “I fiumi confluiranno in un grande mare progressista”, dice Schlein. Ma intanto nessuno sembra sapere chi regge il timone, né dove si vada davvero.

Ruffini al lavoro coi civici, mentre Renzi affonda il colpo

Nel frattempo, Ruffini costruisce alleanze, tesse legami sul territorio, si confronta con amministratori locali e figure indipendenti. Attorno a lui si muovono nomi come Onorato e altri volti noti del civismo italiano. La sua proposta è chiara: una sinistra pragmatica, che metta da parte le liturgie ideologiche e torni a parlare di riforme reali.

Una linea opposta a quella di Schlein e Conte, che insistono sulla narrazione identitaria e militante. E anche Matteo Renzi, che osserva con interesse i movimenti di Ruffini, lancia un messaggio inequivocabile: “La partita si vince sul ceto medio, non sulle bandiere ideologiche”. Aggiungendo: “La Meloni si prende oggi i meriti delle riforme che nel 2015 osteggiava”.

Il Pd rischia di restare spettatore della rinascita riformista

La novità rappresentata da Ruffini è proprio quella credibilità istituzionale e tecnica che manca oggi tanto alla segreteria Schlein quanto alla retorica grillina di Conte. Paradossale che l’uomo della fatturazione elettronica e del 730 precompilato venga oggi citato da chi critica la pressione fiscale. Ma la sua figura, silenziosa e operativa, attrae sempre più attenzioni.

Nel frattempo, Schlein continua a evocare unità, ma tiene sotto controllo le liste e ignora chi propone alternative alla sua linea. Ha creato un partito chiuso, dove chi non appartiene alla sua corrente viene sistematicamente escluso. Il sospetto è che, nel tentativo di non perdere il potere interno, stia rinunciando a ogni vera possibilità di vincere.

Se Ruffini e i suoi riusciranno a catalizzare anche solo parte del consenso lasciato in eredità dal Terzo Polo, lo scenario potrebbe cambiare radicalmente. E il Pd, inchiodato tra ambiguità ideologiche e ambizioni personali, rischia di finire ai margini della partita.

Lascia un commento