Lega, esplode il caso Vannacci: “Caporetto” in Toscana e resa dei conti

Dopo la disfatta elettorale in Toscana, la Lega si divide su Roberto Vannacci: Salvini lo difende, ma cresce il malumore tra i dirigenti storici.

Il flop in Toscana e le accuse interne

Qualcuno l’ha definita una “Caporetto”. La Lega esce a pezzi dalle regionali in Toscana, dove il candidato del centrosinistra Eugenio Giani ha superato di quasi 14 punti Alessandro Tomasi, sostenuto dal centrodestra. A pesare sul risultato è soprattutto il crollo del partito di Matteo Salvini, che si ferma al 4,38%, con appena 55.684 voti: un abisso rispetto al 21,7% ottenuto nel 2020 con Susanna Ceccardi.
Al centro delle critiche c’è Roberto Vannacci, il generale scelto personalmente da Salvini per gestire la campagna elettorale. Il risultato, però, ha lasciato il segno e nella Lega molti chiedono un chiarimento. Martedì 21 ottobre, durante il consiglio federale previsto a Milano, il tema sarà inevitabilmente affrontato. Ufficialmente si parlerà di manovra, sicurezza e tesseramento, ma il “caso Vannacci” è ormai diventato il convitato di pietra della riunione. Il vicesegretario dovrebbe collegarsi da Bruxelles, evitando un confronto diretto con i colonnelli del partito.

Salvini lo difende, la base borbotta

Dallo staff del leader arriva un messaggio di calma: «Non ci sarà nessun stravolgimento», assicurano fonti vicine a Matteo Salvini, che continua a difendere “il suo generale”. Il ruolo di Vannacci come vicesegretario non sarebbe dunque in discussione, nonostante il malumore montante tra i quadri locali e la vecchia guardia. A manifestare apertamente il disagio è Riccardo Molinari, capogruppo alla Camera, che critica la strategia ideologica adottata in Toscana: «La Lega è forte quando parla di autonomia, federalismo e territorio, non quando lancia messaggi da una parte sola». Più cauto il capogruppo al Senato Massimiliano Romeo, che si limita a dire: «Non voglio tornare sul tema».
Dietro le quinte, però, il malessere è tangibile. Alcuni parlamentari storici ammettono che «Vannacci non può dettare la linea del partito» e che dovrebbe restare «un battitore libero». La spaccatura si consuma silenziosamente, ma le distanze tra l’anima tradizionale del Carroccio e il profilo identitario del generale appaiono sempre più nette.

Verso il Veneto, con Vannacci sullo sfondo

Dopo la sconfitta toscana, la Lega guarda già alle prossime regionali in Veneto, dove il partito punterà su Alberto Stefani, segretario della Liga Veneta e considerato un fedelissimo di Salvini. L’obiettivo è raccogliere l’eredità del governatore Luca Zaia, che non si presenterà con una lista personale ma potrebbe candidarsi come capolista in tutte le province per sostenere il partito. In Veneto, però, l’“ombra di Vannacci” sembra lontana: le liste saranno uniche e non ci sarà spazio per i suoi sostenitori, fatta eccezione per Stefano Valdegamberi, ex Udc e vicino a Zaia.
Il messaggio che arriva dal Nord è chiaro: la priorità torna ai territori e agli amministratori locali, mentre la linea ideologica incarnata da Vannacci perde terreno. Eppure Salvini, almeno per ora, non ha alcuna intenzione di scaricare il suo vice. Lo scontro resta latente, ma la “Caporetto” toscana ha aperto una crepa difficile da ricucire.

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