Usa, scoperta proteina che ripara cuore dopo infarto

Usa-scoperta-proteina-che-ripara-cuore-dopo-infarto

E’ stata scoperta una proteina che è in grado di ripristinare il tessuto del cuore dopo che un individuo ha subito un infarto.

La proteina in questione è in grado di riparare i danni che il tessuto che riveste il cuore subisce in seguito ad un infarto.

Questa proteina, denominata Fstl1, si trova nella zona epicardica del cuore.

La scoperta sensazionale è che è in grado di autorigenerarsi  dopo che il cuore ha subito danni per un infarto.

Accade che dopo un infarto alcuni individui riescono a sopravvivere ma ciò nonostante i danni che il cuore riporta sono decisamente importanti.

Infatti, dopo un infarto il cuore rimane danneggiato anche in modo molto serio e i danni, nella maggior parte delle volte, sono permanenti.

A rimanere danneggiato è sia il tessuto muscolare che il cuore stesso al suo interno.

Da questi danni scaturiscono problemi, tipo l’insufficienza cardiaca, dopo qualche anno, circa cinque.

ll dottor Pilar Ruiz-Lozano, professore alla Stanford University, ha spiegato:“I trattamenti non si curano di questo problema fondamentale di conseguenza progressivamente molti pazienti perdono la funzione del cuore, sviluppando prima disabilità sempre più gravi, fino alla morte”.

Un gruppo di ricerca composto da medici di diverse nazionalità ha portato avanti uno studio in base al quale dei cerotti imbevuti di Fstl1 sono stati stesi sul cuore di topi e di maiali.

Grazie a questi cerotti sono proliferate cellule sane.

 Queste cellule sono riuscite a rigenerare il tessuto che riveste il cuore e l’organo è riuscito così a riprendere la sua funzionalità più o meno  normale.

A causa degli infarti subiti anche il flusso di sangue era diminuito ma grazie all’applicazione dei cerotti il flusso era rientrato nelle norma.

Per ora questo studio è applicato solo sugli animali ma i ricercatori prevedono di poter lavorare anche sugli uomini entro il 2017.

Per il momento le risultanze di questo studio sono state pubblicate sulla rivista Nature.