Italia & Dintorni

Feltri: “Ci inginocchiamo all’Islam e cancelliamo il presepe. Questa non è inclusione, è autoumiliazione”

Il giornalista critica la visita scolastica in moschea e denuncia una forma di sottomissione culturale mascherata da inclusione: “Così si insegna il disprezzo per sé stessi”

“Non è rispetto, è vassallaggio culturale”

In un editoriale che non ha mancato di suscitare reazioni, Vittorio Feltri interviene sulla recente visita di una scolaresca a una moschea già nota alle cronache per la frequentazione da parte di soggetti sospettati di terrorismo. Secondo il giornalista, ciò che viene presentato come gesto di inclusione si configura in realtà come un atto di sottomissione.

Feltri chiarisce il proprio pensiero: “Libertà non è sottomissione, bensì l’esatta antitesi della soggezione. Ed è un atto di vassallaggio, non di rispetto verso un’altra cultura e un altro credo, condurre dei bambini in gita presso una moschea e obbligarli a piegarsi allo scopo di onorare l’Islam e gli islamici, in nome di un unico dio, il dio del politicamente corretto”.

“Cristiani in Italia, non dobbiamo adeguarci ai nostri ospiti”

Per Feltri, l’educazione al rispetto verso culture diverse è fondamentale, ma non deve implicare la rinuncia ai propri valori. “Noi siamo cristiani, siamo in Italia, rispettiamo la libertà altrui di professare qualsiasi credo, ma non dobbiamo per questo aderire e adeguarci ai nostri ospiti”, afferma.

E aggiunge: “È obiettivo nobile educare i fanciulli al rispetto verso chi ha una fede diversa, ma questo tipo di formazione non implica forme di assoggettamento, né figurate né sostanziali”.

“Insegniamo il disprezzo verso noi stessi”

Il passaggio che ha sollevato maggiore attenzione riguarda l’interpretazione dell’episodio da parte del giornalista: “Sembra che meno ci facciamo cristiani, più trascuriamo i nostri valori, più diamo prova di essere democratici e inclusivi. Il che è una boiata. Inclusività non significa rinunciare a ciò che ci caratterizza”.

Feltri si sofferma poi su un dettaglio che lo ha colpito: “L’immagine di quei piccoli piegati non perché lo hanno sentito, non potendo avere consapevolezza piena di quello che stavano facendo, ma perché i maestri hanno ordinato loro di farlo mi ripugna. Non per la fotografia in sé, ma perché tutto questo si accompagna a un atteggiamento generale di mortificazione dei nostri simboli e delle nostre tradizioni”.

“Nessuna reciprocità, crocifisso e presepe sfrattati”

L’editorialista sottolinea quella che ritiene una disparità nel trattamento tra culture: “Nelle nostre scuole, ormai da lustri, in nome del globalismo, dell’integrazione, del rispetto, crocifisso e presepe sono stati sfrattati per non offendere allievi e genitori islamici”.

E conclude con una domanda retorica destinata ad alimentare il dibattito: “Se il nostro rispetto verso un’altra civiltà si sostanzia nell’entrare in una moschea e distendersi sul tappeto, perché agli extracomunitari non è richiesto il comportamento equivalente? Perché riteniamo opportuno nascondere la croce e Gesù Bambino in segno di ossequio? A me pare che quello che stiamo insegnando alle nuove generazioni non è il rispetto verso le altre religioni, bensì il disprezzo verso noi stessi”.