Italia & Dintorni

Il dramma privato di Roberto Saviano, “Sento di aver sbagliato tutto, vivo da recluso, come in ergastolo”

Lo scrittore racconta i sensi di colpa verso la famiglia, l’amore sabotato e la voglia di sparire per cambiare vita

L’ombra del rimpianto e una vita sotto scorta

A quasi vent’anni dalla pubblicazione di Gomorra, Roberto Saviano confessa di attraversare uno dei periodi più difficili della sua esistenza. In una lunga intervista concessa ad Aldo Cazzullo sul Corriere della Sera, lo scrittore svela il peso crescente del suo isolamento, la solitudine, e il senso di colpa per le conseguenze delle sue scelte. «Ho la sensazione di aver sbagliato tutto», ammette, parlando della sua condizione di uomo costretto a vivere sotto protezione per le minacce ricevute dalla criminalità organizzata.

Il lutto per la zia Silvana, da lui definita «una seconda madre», ha riacceso in Saviano la consapevolezza delle rinunce imposte alla sua famiglia: «Dal 2006 i miei si sono trasferiti al Nord, sradicati. Non sono riusciti ad aprirsi, si sono isolati. La mia scelta l’hanno pagata altri. Io ne ho fatto attività, impegno. La mia famiglia ha solo pagato».

Napoli, la fama e le relazioni spezzate

Tra le frasi che più spesso ha sentito rivolgersi, ce n’è una che ferisce profondamente Saviano: “Hai sputtanato la tua terra”. A chi lo accusa, replica con amarezza: «Napoli oggi è rinata, esplosa di vita, ma io ne pago il prezzo più alto». L’autore si sente imprigionato nella figura pubblica che ha incarnato: «Diventare un simbolo è la cosa peggiore che possa capitare a uno scrittore».

L’impatto sulla sua sfera personale è devastante. «Le relazioni amorose e amichevoli sono compromesse», racconta. «Qualsiasi incontro lo devo fare in casa. Quando voglio bene a una persona, il rapporto è sabotato. Nessun sentimento sopravvive alla gabbia». La percezione di essere etichettato come uomo di potere, afferma, è fuorviante: «Mi viene attribuito un potere che non ho».

Attacchi di panico e voglia di fuggire

Alla pressione mediatica e giudiziaria si aggiunge un costante stato di allerta psicologica. Saviano rivela di convivere con attacchi di panico, soprattutto alle prime luci dell’alba: «Le 5 del mattino sono il momento più difficile. Ti chiedi: dove vado? Mi sento schiacciato tra chi vuole uccidermi e chi dice che è tutta una messinscena». Non nasconde di aver pensato al gesto estremo: «Se non mi fanno del male, mi farò del male».

Il paragone con Salman Rushdie, che ha rivisto a Torino dopo l’attentato, è inevitabile: «A lui non possono più dire che la fatwa fosse una messinscena. A me, invece, viene imputato il fatto stesso di essere ancora vivo».

Anche il suo impegno politico ha avuto un costo legale elevato: «Mi hanno portato in tribunale il capo del governo, il suo vice Salvini, il ministro Sangiuliano. Con Sangiuliano ho vinto, con Meloni ho perso, con Salvini i processi sono in corso». Dopo la condanna per l’insulto alla premier, spiega: «Sono fiero delle parole del giudice, che ha riconosciuto l’alto valore morale delle critiche mosse».

Il desiderio di sparire e la profezia del boss

«Vorrei un’altra vita», dice Saviano, lasciando trasparire un sogno di fuga: «Dovrei sparire, cambiare identità, mettermi in testa tutti i capelli possibili». L’anno scorso ha usato la sua patente da motociclista in Svizzera, descrivendo quell’esperienza come «bellissima». Ora sogna di diventare camionista, ispirato da Erri De Luca, che durante la guerra nei Balcani guidava convogli umanitari.

Infine, Saviano ricorda l’incontro con il pentito Carmine Schiavone, che gli rivelò l’esistenza di un piano per eliminarlo. I carabinieri gli fecero indossare dei microfoni. Le parole del boss gli risuonano ancora nella mente: «Tu e io siamo uguali. Il nostro destino è lo stesso. Non ci perdoneranno mai». Lo scrittore respinge quel paragone con forza: «Comprendere il male non significa farne parte. Ma se vedi l’abisso, poi l’abisso vede te».

Saviano conclude con amarezza: «Trasformare qualcuno in simbolo significa condannarlo a deludere. Ogni cosa che farà, sarà sempre al di sotto di ciò che ci si aspetta».