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Cittadinanza agli immigrati, bocciatura anche da sinistra: flop al referendum

Il referendum sulla cittadinanza breve non raggiunge il quorum. Il Pd si interroga, mentre anche a sinistra emergono dubbi e autocritiche.

Partecipazione sotto al 30%, referendum invalidato

I dati ufficiali confermano un risultato inequivocabile: il referendum sulla cittadinanza breve agli immigrati è stato bocciato dall’elettorato italiano. L’affluenza si è fermata al 30,6%, lontanissima dal quorum del 50% più uno. Anche i restanti quesiti sul lavoro, sebbene abbiano ottenuto in larga parte la vittoria del sì tra i votanti, sono stati invalidati per la stessa ragione. Il messaggio che emerge dalle urne è di chiara disaffezione verso l’impostazione referendaria scelta.

Schlein e sinistra in crisi, esplode l’autocritica

L’iniziativa era stata sostenuta con forza dalla CGIL e appoggiata dalla segreteria di Elly Schlein, che ne aveva fatto un punto centrale della propria azione politica. Ma già all’indomani del voto, anche all’interno del Pd sono iniziate a emergere voci critiche. Alcuni esponenti dell’area riformista parlano apertamente di una “strategia sbagliata”, che ha allontanato gli elettori anziché mobilitarli. Il tema della cittadinanza breve si è rivelato divisivo anche tra le forze progressiste, che ora chiedono un chiarimento interno.

Fallimento politico e riflessione sullo strumento referendario

Oltre alla sconfitta nel merito, a far discutere è la scelta dello strumento. Molti analisti osservano che il referendum abrogativo, vincolato al quorum, difficilmente può funzionare su temi che non godono di un consenso trasversale. Una valutazione condivisa anche da ambienti parlamentari, che ora tornano a proporre una revisione della legge sui referendum. La sinistra, intanto, è costretta a fare i conti con una bocciatura non solo numerica, ma anche politica.