Feltri: “Quando muore un carabiniere, l’Italia gira lo sguardo”
Il direttore onorario di Libero denuncia il silenzio che cala quando a morire è un servitore dello Stato: “Serve un cambio culturale immediato”
Il caso Legrottaglie e il silenzio scomodo sulla morte in divisa
Per Vittorio Feltri, il nostro Paese soffre di una colpa profonda: ignorare chi muore servendo lo Stato. Lo dimostra il caso del carabiniere Carlo Legrottaglie, ucciso durante un’operazione antirapina all’alba, nel suo ultimo giorno di servizio prima della pensione. Un gesto di estremo coraggio, secondo il giornalista, ignorato dai media e dalla politica.
«In Italia, quando muore un carabiniere in servizio, si gira lo sguardo dall’altra parte. Si tace. Si cambia canale», scrive Feltri, denunciando una narrazione tossica che presenta le forze dell’ordine come brutali strumenti del potere, e i criminali come vittime da compatire. «Il patriottismo è diventato reato, mentre non è reato forzare un posto di blocco, rapinare, borseggiare… a patto che chi lo faccia sia rom o comunque non italiano».
Quando il pietismo è a senso unico: “Delinquenti santificati, agenti insultati”
Feltri accusa apertamente la sinistra e una certa parte dell’opinione pubblica di alimentare un sistema che premia il pietismo verso i delinquenti e ignora il sacrificio di chi porta la divisa. Un esempio citato è quello delle rivolte nel quartiere Corvetto di Milano, scoppiate dopo la morte di un ragazzo di nome Ramy: «Descritto come vittima, con i carabinieri indicati come assassini, pur non avendolo nemmeno sfiorato».
Il giornalista sottolinea come le manifestazioni in piazza vengano spesso organizzate per chi si è scontrato con le forze dell’ordine, mentre nessuno marcia per gli agenti caduti. E ribadisce: «Non osanno la divisa in modo acritico: poliziotti e carabinieri possono sbagliare. Ma criminalizzare l’intera categoria è un peccato civile».
Un appello alla dignità: “Rispetto e gratitudine ai nostri custodi”
Nel suo editoriale, Feltri chiede un cambio di paradigma: restituire dignità a chi difende la collettività. «Grazie ai nostri carabinieri, ai poliziotti, agli agenti della penitenziaria, ai finanzieri, ai militari, ai vigili. Non chiedono compassione, ma rispetto». E aggiunge: «Un tempo il Paese riservava la gratitudine ai suoi eroi. Oggi sono bistrattati».
Per il giornalista, ignorare la morte di un servitore dello Stato non è una svista, ma una scelta culturale deliberata. Una scelta che deve essere ribaltata. «Serve dare dignità agli eroi, rispetto alla memoria, consapevolezza a chi governa le coscienze televisive e culturali del Paese».
Feltri conclude con un monito: «Il trapasso in servizio dei nostri agenti è un evento che deve scuoterci. L’effetto mediatico non è mai proporzionato al dolore. È tempo di cambiare. Con urgenza».