Schlein sfida l’Europa e la logica: “Più Green Deal, costi quel che costi”
Nel giorno dell’odio anti-israeliano e del dibattito sul Green Deal, la sinistra sceglie la radicalizzazione: attacco frontale a Netanyahu e difesa estrema dell’ambientalismo europeo.
Antisemitismo e Medio Oriente, il centrosinistra si schiera contro Israele
Nel giorno in cui l’ayatollah Ali Khamenei torna a lanciare messaggi di odio contro Israele e in diverse città italiane appaiono manifesti dai contenuti anti-israeliani e antisemiti, la reazione del centrosinistra italiano appare singolarmente sbilanciata. Il maggiore partito dell’opposizione, il Partito Democratico, insieme a Movimento 5 Stelle e Alleanza Verdi e Sinistra, sembra concentrare i propri attacchi non tanto verso le dichiarazioni del regime di Teheran, quanto direttamente contro il governo di Gerusalemme.
Le risoluzioni presentate in Parlamento questa settimana e gli interventi pubblici dei principali esponenti delle tre forze politiche testimoniano una linea ormai apertamente ostile a Israele, con critiche radicali all’esecutivo guidato da Benjamin Netanyahu. Poche, e sempre più isolate, le voci dissonanti all’interno della stessa area progressista, spesso costrette a precisare che parlano “a titolo personale”.
In questo scenario, l’equilibrio su un tema complesso come quello mediorientale sembra definitivamente compromesso da una linea ideologica che esclude ogni sfumatura.
Green Deal europeo: Schlein difende l’estremismo ambientale
Mentre l’Europa discute su come modulare gli obiettivi del Green Deal, giudicati da molti osservatori e governi come eccessivamente rigidi, la segretaria del Pd, Elly Schlein, si inserisce nel dibattito con un approccio diametralmente opposto. Intervenendo nei confronti della Commissione Europea, ha espresso preoccupazione per un possibile “annacquamento” dell’impianto ambientalista dell’Unione, difendendo in modo intransigente la linea più radicale della transizione ecologica.
Una posizione che, secondo molti analisti, rischia di avere effetti devastanti su settori strategici come l’automotive, la produzione industriale e l’intero comparto manifatturiero. Il timore è che l’insistenza su obiettivi ambientali rigidi possa favorire economie esterne all’Europa – come la Cina – e penalizzare la competitività interna, accelerando la desertificazione industriale e la perdita di posti di lavoro.
Strategia o resa al massimalismo? La sinistra chiude i confini del consenso
A livello politico, questa doppia linea d’azione – ostilità verso Israele e rigida difesa del Green Deal – fa emergere un interrogativo più ampio: la sinistra italiana ha scelto consapevolmente di rivolgersi solo a una porzione limitata dell’elettorato?
Due le ipotesi possibili: o l’opposizione si è inconsapevolmente avvitata in una spirale di estremismo, condizionata dalla competizione interna tra Pd, Conte e Avs, oppure ha scelto consapevolmente di parlare solo a quella che un tempo veniva chiamata “sinistra radicale”, abbandonando qualunque tentativo di costruzione di un consenso più ampio.
Quale che sia la risposta, il risultato è un campo progressista sempre più ristretto e polarizzato, dove ogni voce moderata rischia l’isolamento. E resta aperta una domanda che pesa sul futuro del Paese: dove porterebbe l’Italia una classe dirigente che parla solo a una minoranza ideologicamente schierata, ignorando il resto della società?