Il matrimonio religioso del 2009 non fu mai trascritto all’anagrafe: la donna chiedeva risarcimenti per oltre 66mila euro, ma i giudici le hanno dato torto.
La scoperta dopo la separazione
Un matrimonio celebrato ma mai registrato. È la vicenda surreale accaduta a Messina, dove una coppia siciliana convolò a nozze religiose nel marzo 2009 senza che il parroco provvedesse a trasmettere l’atto per la trascrizione civile.
La questione esplose circa un anno dopo, quando i due decisero di separarsi e scoprirono che, per la legge, il loro matrimonio non esisteva. La donna, che aveva acceso finanziamenti per oltre 66mila euro destinati alla cerimonia e alla casa coniugale, tentò di ottenere il consenso dell’ex marito per una registrazione tardiva, necessaria per procedere legalmente. Ma nel giugno 2010 l’uomo rifiutò formalmente, bloccando qualsiasi possibilità di separazione civile.
La lunga battaglia giudiziaria
La donna decise quindi di rivolgersi ai tribunali, chiamando in causa l’ex coniuge, il parroco e la Curia Arcivescovile di Messina. Secondo la sua tesi, l’omissione iniziale aveva prodotto gravi danni patrimoniali e morali.
Nel 2019 il Tribunale di Messina respinse la richiesta, rilevando che la trascrizione tardiva poteva essere promossa anche senza il consenso del marito e che il suo diniego non configurava alcun illecito. Nel 2023 la Corte d’Appello confermò la decisione, sottolineando l’assenza di un obbligo giuridico di consenso e la mancanza di prove concrete di un danno.
La decisione definitiva della Cassazione
Ora la Corte di Cassazione ha chiuso definitivamente il caso, dichiarando inammissibile il ricorso presentato dalla donna. I giudici hanno richiamato la legge n. 121 del 1985, che regola gli effetti civili dei matrimoni religiosi: la trascrizione può avvenire anche successivamente, ma richiede sempre la volontà congiunta dei coniugi.
Trascorso il tempo, non è possibile presumere un consenso implicito, e il rifiuto dell’ex marito rientra nel diritto individuale di autodeterminazione. Anche la responsabilità del parroco e della Curia è stata esclusa: non è emersa alcuna negligenza grave né la prova che l’omissione abbia provocato danni diretti alla donna.