Lo scontro tra il figlio di Liliana Segre e Francesca Albanese accende il dibattito italiano su Gaza, genocidio e libertà di parola.
Le accuse di Luciano Belli Paci
Il figlio di Liliana Segre, Luciano Belli Paci, ha replicato con durezza alle parole della relatrice speciale dell’Onu per la Palestina, Francesca Albanese, dopo la recente polemica televisiva sul termine “genocidio”. In un’intervista, l’avvocato ha parlato di un clima “militarizzato” in cui le posizioni sul conflitto in Medio Oriente diventano estreme e conflittuali anche nel dibattito italiano.
«C’è una crescente intolleranza e l’episodio di Francesca Albanese è l’espressione di un contesto più generale», ha spiegato Belli Paci, membro di Sinistra per Israele. Secondo lui, la giurista appartiene a quella categoria di persone “ossessionate da Liliana Segre”, ricordando un precedente episodio: una foto di Albanese davanti al murale della senatrice a vita con la scritta “Indifferenza”, accompagnata dall’hashtag #GazaGenocide.
Belli Paci ha evidenziato come la madre abbia sempre espresso condanna per i crimini di guerra, dolore per le vittime civili di ogni nazionalità e repulsione per il governo di Benjamin Netanyahu, senza mai negare il rischio di genocidio in caso di blocco degli aiuti umanitari.
“Polizia del pensiero” e conflitto nel dibattito
Per Belli Paci, in Italia sembra esserci «una sorta di polizia del pensiero» che impone non solo cosa dire, ma anche come dirlo. Un atteggiamento che, secondo lui, soffoca il confronto democratico. «La guerra è stata importata nel dibattito, lo contamina. È come se ci fosse un arruolamento dall’una o dall’altra parte», ha sottolineato.
Il figlio di Segre ha avvertito che la radicalizzazione verbale e morale rischia di aprire la strada a forme di violenza fisica, richiamando alla memoria gli anni Settanta.
La posizione di Segre, secondo Albanese, sarebbe stata strumentalizzata dall’ospite televisivo Francesco Giubilei, ma Belli Paci ha ribattuto che nel dibattito internazionale esistono tesi divergenti e che «non può essere vietato sostenere una tesi diversa da quella di Albanese». Ha citato anche gli storici Marcello Flores e Andrea Graziosi, che non concordano sull’uso del termine genocidio per Gaza.
Il diritto di parola dei superstiti
In una successiva intervista, Francesca Albanese ha sostenuto che Liliana Segre non sarebbe lucida su Gaza per via del condizionamento emotivo. Una frase che ha indignato il figlio: «Così si toglie il diritto di parola ai pochissimi superstiti ancora tra noi».
Belli Paci ha criticato l’approccio di Albanese, che a suo avviso si è posta «più come una militante che come un tecnico in posizione di terzietà». Ha ricordato anche l’episodio del sindaco di Reggio Emilia, pubblicamente umiliato dopo aver ricordato durante una cerimonia che per arrivare alla pace occorre liberare anche gli ostaggi israeliani.
Infine, Belli Paci ha denunciato l’uso distorto dei riferimenti alla Shoah, come la frase sulla «pietra di inciampo della logica», che ribalterebbe un simbolo della memoria contro gli ebrei. «Il problema va oltre Albanese», ha concluso, evidenziando come una parte della sinistra arrivi persino a equiparare Hamas alla Resistenza, mostrando «una certa tolleranza verso gli intolleranti».