La storia di Domenico Celano, che dopo l’incendio del suo minimarket si è reinventato promoter senza aver ricevuto risarcimenti dalle assicurazioni.
La notte dell’incendio e il negozio distrutto
Era il 30 settembre 2024 quando a Guidonia Montecelio un’auto, parcheggiata in divieto di sosta, prese fuoco nella notte. Le fiamme si propagarono velocemente al palazzo adiacente, raggiungendo l’abitazione al primo piano e il negozio di alimentari al piano terra. L’attività, un minimarket a conduzione familiare, fu devastata. A distanza di un anno, le serrande restano abbassate, mentre il proprietario, Domenico Celano, insieme ai figli, ha dovuto trovare soluzioni di fortuna per andare avanti.
«Non ci è arrivato alcun risarcimento. Da quel momento la nostra vita è cambiata. Avevamo un’assicurazione, ma secondo le compagnie non ci spetta nulla», ha raccontato Celano. A supportarlo nella vicenda legale ci sono gli avvocati Damiano Carrese e Flavio Caprarelli, che parlano di «una situazione paradossale che deve essere sbloccata».
Una vita stravolta e nuovi lavori di fortuna
Prima dell’incendio, il minimarket rappresentava il lavoro e la stabilità di tre generazioni. «Abbiamo aperto nel 1985 – spiega Celano – Dopo quasi quarant’anni eravamo arrivati alla terza generazione. Non avevamo mai avuto problemi. Poi quella tragica notte».
Da allora, padre e figlio hanno dovuto reinventarsi, lavorando come promoter di salumi e formaggi nei supermercati per cercare di guadagnare qualcosa. «Mia figlia, che era incinta, non ha potuto usufruire della maternità: è stata costretta a casa con tutte le difficoltà del caso. Mio figlio ed io ci arrangiamo come possiamo. Adesso non abbiamo più nulla», ha detto l’uomo.
Le difficoltà economiche sono pesanti: «Andiamo avanti con i nostri risparmi, che si stanno esaurendo. Siamo costretti a fare rinunce continue. Non è che non vogliamo lavorare: siamo stati messi nelle condizioni di non poterlo fare».
Risarcimento negato e battaglia legale
I danni subiti dal negozio sono stati enormi: prodotti distrutti, impianti compromessi, macchinari inutilizzabili. Per riaprire servirebbero almeno 300mila euro, una cifra inaccessibile per la famiglia. «Abbiamo ancora canoni, bollette, rate del furgone. Con i piccoli guadagni attuali riusciamo appena a vivere. Pensare di ricostruire il negozio senza un risarcimento è impossibile», ha spiegato Celano.
Il paradosso, secondo gli avvocati, sta nelle motivazioni addotte dalle assicurazioni. La polizza del negozio e quella della responsabilità civile dell’auto hanno entrambe escluso il risarcimento, invocando la clausola sugli atti dolosi o vandalici. «Ma l’atto vandalico ha colpito l’automobile – ha precisato Carrese – Il fatto che le fiamme si siano propagate al negozio è stato accidentale, una situazione che la polizza copre e per cui dovrebbe pagare il risarcimento».
Una beffa, se si considera che altri danneggiati hanno ricevuto rimborsi: la proprietaria dell’auto incendiata e il proprietario dell’appartamento al piano superiore sono già stati indennizzati. L’unica esclusa resta la famiglia Celano, ancora in attesa di giustizia.