Bari, la rabbia e disperazione di una mamma, il suo bimbo ricoverato all’ospedale pediatrico da un mese “Il mio piccolo sta male e non si sa perchè”
Madri in lotta nel reparto pediatrico dell’ospedale Giovanni XXIII, alle prese con gravi carenze di assistenza e diagnosi tardive per i loro figli.
L’angoscia delle madri
Una scena di terrore quotidiano nel reparto pediatrico: una madre urla, cercando disperatamente di far respirare il suo bambino mentre una crisi respiratoria lo colpisce. L’attesa per l’arrivo di un medico è estenuante. “È da un mese che non dormo e non vivo,” racconta la madre, visibilmente provata ma determinata a ottenere risposte. La domanda che si pone è una sola: “Cosa ha mio figlio?”
Nel reparto non ci sono sistemi di allarme, come spiega la donna: “Ho dovuto gridare come una pazza per chiedere aiuto, perché nelle stanze non ci sono cicalini di allerta.” La situazione, confermata da altre madri presenti, è allarmante. “Non c’è proprio la predisposizione,” le è stato detto dallo staff ospedaliero. Le donne sono costrette a correre lungo i corridoi in cerca di aiuto, mentre i loro piccoli rischiano di cadere dai letti privi di adeguate protezioni.
Un limbo senza diagnosi
La frustrazione è palpabile tra le madri, che si sentono abbandonate in un “limbo” senza diagnosi. La signora Maria, una delle madri, racconta: “Con mio figlio si sono ostinati sulla pertosse, che non ha. Continuano a fare esami sierologici tutti negativi e si aspetta una settimana per avere i risultati.” La mancanza di risposte costringe queste donne a rimanere in ospedale senza sapere cosa stia realmente accadendo ai loro figli.
Alcune di loro hanno provato a rivolgersi ad altri centri, come il Gaslini, ma senza una diagnosi da parte del Giovanni XXIII, l’iter diventa impossibile. “Io non voglio assumermi la responsabilità di portarlo via senza una diagnosi,” afferma la madre. La richiesta di trasferire il bambino in un altro ospedale è stata complicata dalla mancanza di una cartella clinica chiara e da una diagnosi precisa.
L’abbandono delle famiglie
Le madri si sentono lasciate sole a fronteggiare una situazione difficile. “Mi rispondono che devono tenere qui mia figlia per monitorarla,” racconta un’altra mamma, “ma sono io che la controllo giorno e notte.” L’assistenza sembra mancare, le visite sono limitate, e queste donne restano da sole a vegliare sui propri figli malati.
La situazione all’interno del reparto è definita un “grande calderone”. La signora Maria si è rivolta nuovamente al Gaslini, ricevendo risposte sconfortanti: “Abbiamo capito, è in un grande calderone,” le è stato detto al telefono. Nessuno usa la mascherina, e i piccoli pazienti sono esposti a ulteriori rischi di contagio.
Il dolore e la stanchezza sono evidenti negli occhi di queste madri, che lottano quotidianamente al fianco dei loro figli. “Siamo stanche. Non vinte. Non possiamo perdere,” dichiara una di loro. “I nostri figli combattono e noi con loro, ma non è umana una gestione così.”