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Influenza più dura per gli uomini, Bassetti “Le donne sono capaci di soffrire!”

Differenze biologiche, culturali e psicologiche alimentano il dibattito sull’apparente “debolezza” maschile nei confronti dell’influenza, ma la scienza resta cauta.

Le differenze biologiche e l’immunità

La questione della cosiddetta “influenza maschile” è stata analizzata dalla giornalista Carla Delgado su Bmj, dove ha esplorato il “presunto fenomeno per cui gli uomini tendono a esagerare la gravità dei sintomi influenzali rispetto alle donne”. Alcuni studi hanno suggerito che le donne possano avere una risposta immunitaria più forte, grazie ad alti livelli di estrogeni che migliorerebbero gli esiti delle infezioni da virus come SARS-CoV-2, MERS e SARS. Inoltre, patologie come la Dengue e l’epatite B risultano meno comuni nelle donne o meno gravi, grazie a una carica virale inferiore rispetto agli uomini.

Tuttavia, secondo Delgado, queste differenze non spiegano completamente il divario percepito nella tolleranza ai sintomi tra uomini e donne: “Non ci sono prove sufficienti per supportare la convinzione che esista un’influenza esclusivamente maschile”.

L’aspetto psicologico e sociale

Sul tema, gli esperti interpellati da Adnkronos Salute hanno messo in evidenza l’aspetto culturale e psicologico. Secondo l’infettivologo Matteo Bassetti, “gli uomini sono in genere meno capaci di tollerare il dolore, non solo per l’influenza, ma anche per infortuni o mal di testa. Le donne, forse per via dell’esperienza della gravidanza, sembrano affrontare meglio le malattie”.

Anche il virologo Fabrizio Pregliasco ha sottolineato che “l’influenza è identica per uomini e donne, ma cambia la percezione dei sintomi. Gli uomini tendono a lamentarsi di più, anche con poche linee di febbre”.

Uno stereotipo consolidato

L’immaginario collettivo, rafforzato da pubblicità, sketch comici e programmi televisivi, contribuisce a perpetuare l’idea che gli uomini siano più “piagnoni” di fronte all’influenza. Tuttavia, secondo gli esperti, mancano studi scientifici rigorosi che confermino queste percezioni. “Servirebbero ricerche più approfondite per comprendere meglio il fenomeno”, conclude Delgado nel suo articolo.