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Festival di Sanremo: “Amadeus crede di essere Gesù Cristo, Carlo Conti un signore”, le parole di Adriano Aragozzini

L’impresario Adriano Aragozzini racconta la sua esperienza al Festival di Sanremo e critica la direzione artistica di Amadeus e Carlo Conti. Il confronto con il passato e la trasparenza delle scelte musicali.

Le dichiarazioni di Adriano Aragozzini sul Festival di Sanremo
Adriano Aragozzini, noto impresario e storico organizzatore del Festival di Sanremo, ha recentemente rilasciato un’intervista, in cui ha analizzato gli anni in cui ha ricoperto un ruolo di primo piano nella kermesse musicale. In particolare, l’impresario ha parlato delle sue esperienze a fianco dei principali conduttori e direttori artistici, confrontando i suoi anni con quelli attuali.

Nel corso della sua carriera, Aragozzini ha avuto un rapporto stretto con il mondo della musica e dei protagonisti del Festival. Tra i suoi ricordi più significativi, l’impresario ha menzionato la collaborazione con Pippo Baudo, che definisce “il più grande e poliedrico di tutti i presentatori”. Tuttavia, Aragozzini ha anche espresso critiche nei confronti degli altri conduttori, tra cui Claudio Baglioni e Gianni Morandi, definendoli “non all’altezza del Festival”.

Le critiche a Amadeus e Carlo Conti
Aragozzini ha espresso giudizi duri anche nei confronti di Amadeus, attuale conduttore del Festival. Secondo l’impresario, il direttore artistico non avrebbe dimostrato la necessaria attenzione nei confronti di alcune proposte artistiche. «Ho scoperto di avere a che fare con uno che pensava di essere Gesù Cristo», ha dichiarato Aragozzini, riferendosi a un episodio in cui Amadeus avrebbe escluso una canzone importante di Luis Bacalov, premio Oscar per la musica, senza considerare adeguatamente la sua qualità.

Al contrario, Carlo Conti viene descritto con toni decisamente più positivi. Aragozzini ha sottolineato come il conduttore sia un “signore” e come il suo approccio sia sempre stato rispettoso e professionale. Tuttavia, l’impresario ha fatto notare che Conti ha scelto un cast di cantanti “per lo più sconosciuti” rispetto alle scelte più tradizionali degli anni passati. Questo, secondo lui, potrebbe influire sull’interesse del pubblico, ma ha preferito aspettare di ascoltare tutte le canzoni per esprimere un giudizio definitivo.

La trasparenza nella selezione delle canzoni
Uno degli aspetti che Aragozzini ha voluto mettere in evidenza è la maggiore trasparenza delle scelte artistiche durante la sua gestione del Festival, grazie alla presenza di una commissione di ascolto composta da sindacati e rappresentanti di diverse categorie. Questo garantiva che ogni canzone fosse attentamente valutata, senza che alcun interesse privato prevalesse su quello artistico. Oggi, secondo l’impresario, le scelte vengono fatte dietro le quinte, con trattative private che non assicurano lo stesso livello di trasparenza.

Un episodio che Aragozzini ricorda con particolare intensità riguarda il rifiuto della canzone dei Nomadi, che in quel periodo stavano cercando di entrare nel Festival. Nonostante il parere contrario di Biagio Agnes, che all’epoca era molto influente all’interno della Rai, Aragozzini decise di non accettare il brano, suscitando la reazione negativa di Agnes.

Un bilancio di successi
Aragozzini, pur esprimendo alcune critiche, ha anche ricordato con orgoglio il successo ottenuto sotto la sua gestione, tra cui l’edizione del 1990 che raggiunse uno share del 76,26%, un record che ancora oggi resiste. A suo parere, il Festival ha sempre avuto un grande valore nel promuovere la musica italiana nel mondo, come nel caso della partecipazione dei cantanti stranieri che interpretavano le canzoni italiane. Questo tipo di innovazione è stato, secondo l’impresario, uno dei momenti più significativi della sua carriera.

In conclusione, Aragozzini ha voluto sottolineare che la sua esperienza con il Festival di Sanremo è stata positiva e ricca di successi, ma che il contesto attuale sembra aver perso alcune delle caratteristiche di trasparenza e passione che contraddistinguevano gli anni passati.