Italia & Dintorni

Conclave, il grande sconfitto è Parolin: da favorito a escluso, il “Papa mancato” di Schiavon

Pietro Parolin era dato per certo come successore di Francesco. Ma il Conclave ha preso un’altra strada: a vincere è stato il cardinale Prevost.

L’ascesa interrotta del cardinale vicentino

Per settimane Pietro Parolin, originario di Schiavon in provincia di Vicenza, è stato indicato come il nome più forte per la successione a Papa Francesco. Segretario di Stato vaticano, stimato diplomatico e figura di equilibrio tra le correnti interne alla Chiesa, sembrava incarnare il profilo ideale per guidare il nuovo pontificato.

Le sue aperture verso l’Asia, in particolare il controverso dialogo con la Cina, lo avevano accreditato come uomo di visione globale. Anche il ruolo di presidente del Conclave, che ha avuto inizio il 7 maggio, lo aveva proiettato nella posizione di guida naturale tra i cardinali elettori.

Eppure, proprio lì dove sembrava più forte, il suo consenso si è inceppato.

Il voto che non ha decollato

Secondo indiscrezioni circolate tra vaticanisti e osservatori internazionali, Parolin avrebbe ottenuto circa 50 voti nei primi scrutini: un buon punto di partenza, ma lontano dai 89 necessari per essere eletto. Nel gioco delle alleanze, in conclave, i candidati in testa devono cogliere l’occasione subito. Altrimenti, rischiano di venire superati da altri nomi che emergono come compromesso.

È ciò che è accaduto con l’elezione di Robert Prevost, ora Papa Leone XIV. Seppur considerato anche lui tra i papabili, Prevost è riuscito a catalizzare il consenso tra i cardinali più esitanti, superando l’impasse creatasi attorno alla candidatura Parolin.

I motivi di una sconfitta silenziosa

Tra le ragioni che, secondo diversi osservatori, avrebbero frenato l’elezione di Parolin, vi sarebbe la sua postura definita da alcuni come “troppo fredda” nelle celebrazioni liturgiche pre-Conclave. Un elemento non secondario in un contesto in cui la presenza carismatica gioca un ruolo decisivo.

Altri hanno sollevato dubbi sul concordato con la Cina, siglato sotto la sua guida, visto da alcuni settori come una concessione eccessiva al regime di Pechino. Una trattativa di peso, che però ha sollevato anche critiche sul piano della trasparenza e della tutela delle comunità cattoliche locali.

E così, mentre nella sua Schiavon si attendeva forse una fumata bianca in suo onore, il conclave ha scelto un’altra via. E ha confermato una regola antica: al Conclave si entra Papa, e si esce cardinale.