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Schlein e Conte attaccano Meloni, “Non vota ai referendum, messaggio vergognoso”

Durissime le reazioni politiche dopo la scelta della premier di non ritirare la scheda referendaria: “Un invito all’astensione nel giorno della Repubblica”

Scontro politico sui referendum dell’8 e 9 giugno

Le parole pronunciate da Giorgia Meloni durante le celebrazioni del 2 giugno, quando ha annunciato che “andrà a votare ma non ritirerà la scheda”, hanno scatenato una vera e propria bufera politica. L’affermazione della premier si riferisce ai cinque referendum abrogativi promossi da Cgil e Radicali, riguardanti temi cruciali come lavoro, precariato, cittadinanza e sicurezza. Un gesto che molti, nell’opposizione, hanno interpretato come un messaggio esplicito volto a far mancare il quorum necessario per rendere validi i quesiti.

La prima a reagire con durezza è stata la segretaria del Partito democratico, Elly Schlein, che ha accusato la premier di voler “prendere in giro gli italiani”. “Anziché dire se è favorevole o contraria ai cinque quesiti su lavoro e cittadinanza – ha dichiarato la leader dem – conferma che vuole affossare i referendum e che teme il raggiungimento del quorum, perché non ritirare le schede equivale a non votare”. E poi l’attacco frontale: “Meloni ha paura della partecipazione e di dire la verità che è sotto gli occhi di tutti”.

“Meloni teme il voto”: l’affondo dell’opposizione

Le dichiarazioni della presidente del Consiglio sono arrivate in un giorno simbolico come il 2 giugno, Festa della Repubblica. Un dettaglio che non è sfuggito alla stessa Schlein, che ha rincarato la dose: “È contraria a contrastare la precarietà e migliorare la legge sulla cittadinanza. Invece di invitare all’astensione nel giorno della Repubblica, avesse almeno il coraggio di andare a votare no. Noi invece voteremo convintamente 5 sì, e saremo tanti!”.

Alla segretaria del Pd ha fatto eco anche l’ex presidente del Consiglio e attuale leader del Movimento 5 Stelle, Giuseppe Conte, che ha parlato di “messaggio vergognoso”. “Indigna ma non stupisce – ha detto – che Meloni non ritirerà la scheda e quindi non voterà al referendum dell’8 e 9 giugno, in cui si sceglie se aumentare i diritti e le tutele dei lavoratori contro precarietà, incidenti sul lavoro, licenziamenti. In quasi 30 anni di politica non ha fatto nulla per chi si spacca la schiena ogni giorno. È vergognoso che questo messaggio di astensione arrivi da un presidente del Consiglio il 2 giugno, giorno simbolo della Repubblica e della prima volta al voto per le donne”.

Tensioni tra i partiti e la posta in gioco del quorum

Il rischio che i referendum non raggiungano il quorum previsto dalla legge – ovvero la partecipazione della maggioranza assoluta degli aventi diritto – è concreto. E la scelta della premier di non ritirare le schede, pur recandosi al seggio, è stata letta come una strategia per favorire l’astensione e neutralizzare l’esito delle consultazioni.

I quesiti riguardano temi caldi nel dibattito pubblico, dalla riforma delle norme sui licenziamenti all’abolizione del Jobs Act per il reintegro, dalla sicurezza nei luoghi di lavoro alla cancellazione delle norme che ostacolano l’ottenimento della cittadinanza per i figli di stranieri nati in Italia.

La mossa di Meloni, più che una posizione sui contenuti, si è rivelata una scelta tattica che ha infiammato lo scontro politico a ridosso di una tornata referendaria dal forte valore simbolico.