Calenda: “Il Parlamento è morto, serve una Costituente per salvare la democrazia”
Il leader di Azione lancia la proposta di un’assemblea costituente: “Il Parlamento è paralizzato. I giovani non credono più nella democrazia”.
“Il Senato è il luogo più frustrante della politica”
Una diagnosi severa quella di Carlo Calenda, che in un’intervista a Il Corriere della Sera denuncia senza mezzi termini il fallimento dell’attuale sistema istituzionale. “L’esperienza al Senato è una delle più frustranti della mia vita”, afferma il leader di Azione, spiegando come l’aula di Palazzo Madama sia diventata un contenitore vuoto dove si ratificano decisioni prese altrove, spesso attraverso decreti blindati con la fiducia e accompagnati da emendamenti che definisce “inutili”.
Per Calenda, il vero errore non è stato ridurre il numero dei parlamentari, ma mantenere in vita entrambe le Camere. “Si doveva tagliare una Camera, non i parlamentari”, sostiene, puntando il dito contro la lentezza, l’inconcludenza e la crescente sfiducia dei cittadini verso le istituzioni rappresentative.
Una nuova Costituente per riscrivere le regole
Per superare quella che definisce “una crisi democratica senza precedenti”, Calenda propone la creazione di una nuova assemblea costituente, composta da 100 membri eletti con sistema proporzionale, in carica per un anno e mezzo, con il vincolo di incandidabilità al termine del mandato. Il compito sarebbe chiaro: riscrivere la seconda parte della Costituzione, separando nettamente la funzione di riforma da quella partitica.
“Chi fa parte della Costituente ha interesse a chiudere le riforme, perché questa è la sua missione – sottolinea Calenda – altrimenti si intesterebbe un fallimento”. A sostegno della necessità di un intervento straordinario, cita un recente sondaggio Swg secondo cui il 36% degli italiani sarebbe favorevole a una “dittatura a tempo” per risolvere i problemi del Paese. “Il 52% sono giovani sotto i 34 anni, pensano che la democrazia sia finita. Questo dato dovrebbe terrorizzarci”.
Alleanze trasversali e attacchi ai proPal
Nel suo appello, Calenda non esclude alleanze larghe: da Meloni a Conte, passando per Schlein. “Se ce l’hanno fatta De Gasperi e Togliatti, ce la possono fare anche loro”, sostiene, indicando nella responsabilità storica dei leader attuali la possibilità di unire forze oggi divise su tutto.
Infine, risponde ai cori ricevuti da alcuni manifestanti pro-Palestina durante una piazza contro il riarmo: “Un coro cretino. Il problema non è andare in guerra, ma non andarci. E per non andarci devi essere forte”. Per Calenda, l’errore più grande sarebbe disarmarsi mentre il mondo è attraversato da tensioni sempre più gravi.