“Sembra scritta da Putin” Il Pd vota contro il M5S, Casini vota con Azione: caos in Parlamento
Dalla mozione M5S pro-Russia ai referendum, il campo largo si rivela sempre più fragile e diviso su ogni tema centrale della politica estera e interna.
Il voto sulla Russia fa esplodere la frattura nel campo largo
Il sogno dell’unità nel centrosinistra, tanto invocato da Elly Schlein con il mantra “testardamente unitari”, si infrange nuovamente sulla realtà parlamentare. A dividere le forze progressiste è stato stavolta il voto sulle mozioni presentate in vista del Consiglio Europeo del 26 e 27 giugno. A scatenare la bufera è stata la proposta del Movimento 5 Stelle di non escludere in futuro una collaborazione con la Russia per l’approvvigionamento di gas, un passaggio giudicato inaccettabile da molte anime dell’opposizione.
Tra i più duri il leader di Azione, Carlo Calenda, che ha liquidato la proposta con un commento tagliente: “Sembra scritta da Putin”. A seguire, anche l’area riformista del Partito Democratico ha preso le distanze, costringendo il partito ad astenersi sull’intera mozione e a votare contro il passaggio specifico sul gas russo. Una posizione che ha evidenziato ancora una volta quanto fragile sia la tanto declamata compattezza.
Il Pd si spacca anche al Senato: tre senatori votano con Azione
La crepa interna al Pd si è ulteriormente allargata a Palazzo Madama, dove i senatori Pier Ferdinando Casini, Filippo Sensi e Simona Malpezzi hanno votato a favore della risoluzione proposta da Azione, successivamente approvata anche con il sostegno del governo. Un segnale forte, che conferma come nemmeno all’interno del principale partito di opposizione ci sia una linea condivisa sulla politica estera.
Diversa la posizione di Alleanza Verdi e Sinistra, che ha votato a favore della mozione M5S, tranne per il passaggio incriminato sul gas. Un equilibrismo che fotografa alla perfezione il caos che regna nel campo progressista.
Referendum e Gaza: l’unità solo nelle piazze, non nei voti
Non è la prima volta che la fragile alleanza progressista mostra tutte le sue contraddizioni. Recentemente, nella manifestazione in favore della pace a Gaza in piazza San Giovanni, si erano ritrovati sul palco Schlein, Giuseppe Conte, Angelo Bonelli e Nicola Fratoianni. Ma anche in quel caso, i buoni propositi si sono dissolti alla prova delle urne.
Ai referendum sul lavoro e sulla cittadinanza, le divisioni sono state ancora più nette: Pd favorevole ai quesiti sul lavoro ma spaccato internamente sull’eredità del Jobs Act, Calenda per quattro no e un sì, Renzi per due no e un solo sì, M5S impegnato solo su alcuni temi, mentre +Europa ha sostenuto soprattutto il referendum sulla cittadinanza.
Alla fine, il solo quesito che ha ottenuto un’apparente convergenza è stato quello con meno consensi: la cittadinanza. Un paradosso che sottolinea quanto sia arduo parlare oggi di un vero “campo largo”.
Schlein invoca la pace, ma deve fronteggiare il caos nel centrosinistra
Alla replica della premier Giorgia Meloni, che ha citato la massima romana “si vis pacem, para bellum”, Elly Schlein ha risposto con una visione diametralmente opposta: “Se vogliamo la pace, prepariamo la pace”. Ma quel messaggio, nato per contestare la politica estera del governo, sembra calzare perfettamente anche all’alleanza di cui la stessa Schlein è guida: un fronte che appare sempre più diviso, contraddittorio e incapace di trovare una rotta comune, persino sulle questioni più urgenti.