Meloni incassa anche l’appoggio di Azione: sinistra divisa e Pd in confusione
Durante il dibattito in Senato sul Consiglio Ue, la premier raccoglie consensi trasversali e spiazza la sinistra. Il Pd si spacca su Calenda.
La premier non cede alle provocazioni e si mostra dialogante
Nel corso del dibattito in Senato sulle comunicazioni della premier Giorgia Meloni in vista del Consiglio Ue, la scena politica ha preso una piega inaspettata. La presidente del Consiglio ha ribadito la scelta del dialogo e dell’equilibrio, rifiutando di rispondere agli attacchi dell’opposizione. «Non risponderò alle provocazioni e ad alcune falsità che ho sentito. Non è questo il tempo», ha detto Meloni, sottolineando che l’attuale contesto richiede responsabilità e compattezza.
Nel suo intervento, Meloni ha comunicato che l’Iran avrebbe violato la tregua concordata con Israele, pur ribadendo la volontà di rispettarla. Una mossa interpretata come segnale di divisioni interne al regime iraniano: «Dobbiamo tenerne conto», ha spiegato la premier, respingendo poi i tentativi di scontro politico. Alla provocazione di Matteo Renzi, che ha messo in dubbio la rilevanza internazionale dell’Italia, ha risposto con fermezza: «C’è una differenza abissale tra la realtà e ciò che l’opposizione racconta in questo Parlamento».
Schiaffo interno al Pd: tre senatori votano con la maggioranza
La vera sorpresa arriva però al momento del voto sulle risoluzioni. Quella di Carlo Calenda, ritenuta condivisibile anche dalla maggioranza, viene approvata con il sostegno inaspettato di tre senatori del Pd: Pier Ferdinando Casini, Filippo Sensi e Simona Malpezzi. Il loro voto rompe la linea dettata dal capogruppo Francesco Boccia, che aveva ordinato l’astensione. Una spaccatura significativa che dimostra come la strategia istituzionale di Meloni stia iniziando a dare frutti anche oltre i confini del centrodestra.
La scelta di convergere sul testo di Calenda è stata favorita anche dal clima più disteso seguito alla telefonata tra Elly Schlein e la premier, avvenuta domenica. Tuttavia, il Pd non è riuscito a tenere la linea. Lo stesso Calenda aveva ammesso di condividere «buona parte» dell’intervento della premier.
Scontro verbale sulla pace e il riarmo: Schlein e Bonelli contro Meloni
L’unico momento teso si è registrato quando la senatrice Elisa Pirro ha coinvolto la figlia di Meloni nel suo intervento: «Anche sua figlia crescerà e le chiederà conto di quello che ha fatto». Lo sguardo della premier si è fatto gelido, ma ha comunque evitato lo scontro. In aula anche Graziano Delrio ha parlato con toni pacati, trovando addirittura punti di contatto con Meloni, soprattutto sul tema della deterrenza militare.
Nel suo discorso finale, la premier ha ribadito un concetto chiave della sua visione politica: «La penso come gli antichi romani: si vis pacem, para bellum. Quando ci si dota di una difesa, non lo si fa perché si vuole attaccare qualcuno. Noi sappiamo che la pace è deterrenza». Parole che non sono piaciute a Angelo Bonelli e Elly Schlein, quest’ultima ha dichiarato: «Preparare la guerra è il contrario di quello che serve. Se vogliamo la pace, prepariamo la pace».
A fine seduta, Meloni è salita al Quirinale per il tradizionale pranzo prima del vertice Ue. Il presidente della Repubblica Sergio Mattarella ha condiviso le sue preoccupazioni sulle crisi internazionali, apprezzando il tentativo di dialogo avviato con le opposizioni. Un messaggio indiretto anche al Pd, che ora si trova stretto tra la leadership indecisa di Schlein e l’iniziativa riformista che comincia a spostarsi verso il centro.