Ilaria Salis, dal carcere a Bruxelles: “Non sono l’anti Vannacci ma una donna con una storia”
L’ex detenuta antifascista è ora eurodeputata. “Porterò i movimenti in Europa. Non mi interessa il teatrino, ho il dovere di rappresentare chi mi ha votata”
Dalla cella al Parlamento: la nuova vita di Salis
Non ci sono più catene né guinzagli, solo un caffè preparato in una cucina amica e lo sguardo stanco ma vivo di Ilaria Salis, da pochi giorni eurodeputata. La ritroviamo a Milano, in un appartamento prestato da un amico. Fa caldo, la città brilla dalle finestre del terrazzo. Lei sorride, risponde con lucidità, determinazione, ironia. “Mi spaventava di più stare in un carcere ungherese”, dice, quando le si chiede se ora senta il peso della responsabilità politica.
Dopo 15 mesi in prigione a Budapest, accusata per aggressioni durante una manifestazione antifascista – accusa che continua a respingere – e una campagna elettorale gestita da suo padre Roberto Salis, Ilaria è finalmente libera e pronta per partire verso Bruxelles.
“Devo tutto a chi ha creduto in me”
“Non pensavo neanche che avremmo raggiunto il quorum!”, confessa. E invece le preferenze sono state quasi 176 mila. “Molti mi hanno votata per la mia carcerazione, ma anche per portare in Europa le voci dei movimenti sociali. Li rappresenterò, attraverso mozioni, proposte di legge, impegno politico quotidiano”.
Criticata per un’occupazione avvenuta nel 2008, Salis replica con chiarezza: “La famosa casa dello scandalo… all’epoca avevo 24 anni. Ora ne ho 40. L’Aler mi contesta 90 mila euro, ma nessuno ha mai controllato chi ci fosse davvero dentro”. Per lei, la questione della casa resta centrale: “A Milano ci sono 12.000 alloggi popolari vuoti e 10.000 famiglie in lista. I movimenti cercano di risolvere ciò che le istituzioni ignorano”.
“Non sono un’anti-Vannacci. La politica non è un talk show”
Nel confronto implicito con figure come Roberto Vannacci, Ilaria Salis prende le distanze. “Non sono l’anti di nessuno. Trovo svilente ridurre la politica a un talk show. Non mi interessa diventare un personaggio”.
Ha parole dure per alcuni esponenti della destra: “Battute su forni crematori, ebrei, omosessuali? Mi fanno schifo. Posso dire schifo? È preoccupante e pericoloso che queste cose siano tollerate in un Paese come il nostro”.
E sul rischio di estradizione verso l’Ungheria: “L’ultima parola spetta al Parlamento Europeo. Mi auguro che difenda lo stato di diritto e la presunzione di innocenza”.
Infine, un messaggio di resistenza: “Il carcere non mi ha cambiata. Sono la stessa Ilaria di sempre. I miei ideali sono intatti. Sento la responsabilità verso chi mi ha sostenuta. Farò le cose con calma, ma con tutto il coraggio che ho”.