Il fondatore di Libero si scaglia contro la politica italiana: “Codarda, ipocrita e schiava del voto in parrocchia. Morire non è peccato, è libertà”.
“Chi si oppone all’eutanasia difende la paura, non la vita”
Nel suo stile diretto e senza sconti, Vittorio Feltri ha scelto di rompere il silenzio su uno dei temi più controversi del dibattito pubblico italiano: l’eutanasia. In un intervento destinato a far discutere, lo storico giornalista ha lanciato un atto d’accusa frontale contro la classe politica, colpevole – a suo dire – di non avere né coraggio né cuore.
«Abbiamo una classe politica vile, ipocrita e pavida, che si genuflette a dogmi religiosi, a moralismi d’accatto, e soprattutto al terrore di perdere voti in parrocchia», ha tuonato Feltri, partendo da un dato che considera lampante: il 75% degli italiani è favorevole all’eutanasia. Eppure, nulla si muove.
Secondo il giornalista, questo è il segno di una profonda frattura tra la volontà popolare e l’inerzia delle istituzioni: «È un popolo che ha capito una cosa semplice: nessuno dovrebbe essere condannato a vivere contro la propria volontà, dentro un letto, intubato, paralizzato, ridotto a una carcassa».
“In Italia l’eutanasia esiste, ma bisogna implorare per ottenerla”
Feltri non nega che in Italia, in alcuni casi, l’eutanasia sia già legittima grazie a una sentenza della Corte Costituzionale. Ma il problema è nella realtà dei fatti: «Chi soffre è costretto ad aspettare, a dimostrare, a implorare, a superare ostacoli burocratici indegni. È come dire a un uomo in fiamme: “Aspetta, prima devi compilare il modulo per l’estintore”».
Parole dure, che mirano al cuore dell’ipocrisia istituzionale. «I nostri politici si trincerano nel silenzio, aspettano che sia la Consulta a fare il lavoro sporco, o che qualche giudice coraggioso si prenda la responsabilità che il Parlamento rifiuta. Sono codardi. E sono disumani».
Per Feltri, ciò che manca è il riconoscimento che la vita ha senso solo se è ancora propria, se può essere scelta: «Morire non è un crimine. Morire non è un peccato. Morire, se lo si sceglie lucidamente, è un atto di libertà».
“Questa politica ha paura della libertà. Ma la diga crollerà”
In conclusione, il direttore onorario di Libero non ha dubbi: chi si oppone all’eutanasia non difende il valore della vita, ma l’angoscia del cambiamento. «La vera indecenza non è aiutare qualcuno a morire. È costringerlo a sopravvivere a se stesso».
E aggiunge: «Chi si oppone all’eutanasia non difende la vita: difende la paura. La paura di decidere, la paura della libertà, la paura di ammettere che la morte fa parte della vita e può, se necessario, essere un atto d’amore verso sé stessi».
L’attacco finale è diretto e spietato: «La verità è che questa politica non ha né coraggio né cuore. Ma prima o poi, la diga crollerà».