Paolo Mieli sorprende su Trump: “Chi lo odiava ora sospenda il giudizio, ha ottenuto un risultato storico”

Lo storico e editorialista del Corriere della Sera elogia il ruolo di Donald Trump nella tregua tra Israele e Hamas: “Ha fatto ciò che Biden e Harris non potevano fare”.

Mieli: “Trump va giudicato sui fatti, non sui pregiudizi”

Le parole di Paolo Mieli, storico ed editorialista del Corriere della Sera, pronunciate durante la trasmissione “L’Aria che tira” condotta da David Parenzo su La7, hanno lasciato di stucco gli altri ospiti in studio.

Commentando la fine delle ostilità tra Israele e Hamas a Gaza, Mieli ha riconosciuto un ruolo decisivo a Donald Trump nelle trattative che hanno portato alla tregua.

Biden ha messo il massimo di quello che poteva mettere. Kamala Harris sarebbe stata catastrofica dal punto di vista della gestione e anche della possibilità di imporsi, mentre su Trump dobbiamo sospendere il giudizio”, ha dichiarato Mieli, sorprendendo il pubblico e gli interlocutori.

Lo storico ha poi approfondito il concetto con parole ancora più forti:

Le persone intellettualmente oneste, anche quelle che lo odiavano, da oggi dovrebbero sospendere il giudizio su di lui. Può darsi che anche su tutto il resto riesca a raggiungere degli obiettivi. Trump è il presidente degli Stati Uniti… Non ho dormito tutta la notte pensando a Trump”.

Un intervento che ha scosso il dibattito televisivo, soprattutto per la rivalutazione, almeno parziale, della figura dell’ex presidente americano, spesso bersaglio di critiche da parte del mondo accademico e dei media europei.

“Un passo avanti storico nel riconoscimento di Israele”

Entrando nel merito della crisi mediorientale, Mieli ha evidenziato l’importanza diplomatica del risultato raggiunto, sottolineando come la tregua segni un cambiamento significativo nei rapporti tra il mondo arabo e Israele.

Israele è entrato in partita nel 1948, senza che nessuno dei rappresentanti di 600 milioni di persone riconoscessero il diritto all’esistenza dello Stato di Israele”, ha ricordato.

Poi, con tono analitico, ha aggiunto: “Il passo avanti che si sta compiendo oggi è che quei paesi riconoscono finalmente il diritto all’esistenza dello Stato di Israele”.
Secondo Mieli, il contributo americano, e in particolare l’azione di Trump, avrebbe facilitato un equilibrio diplomatico che pochi osservatori ritenevano possibile.

L’editorialista ha quindi suggerito di separare i giudizi morali o ideologici dal riscontro concreto dei risultati: “Trump non è un santo, ma sul piano politico internazionale è riuscito dove altri hanno fallito. Questo non si può negare”, ha commentato in studio.

Un dibattito acceso e un cambio di prospettiva

Le dichiarazioni di Paolo Mieli hanno immediatamente acceso il dibattito politico e mediatico.

Sui social e tra gli analisti è stato notato come le sue parole rappresentino una presa di posizione controcorrente rispetto alla linea prevalente dell’intellighenzia italiana, generalmente ostile a Trump.

La discussione in studio si è fatta tesa, ma Mieli ha mantenuto la sua posizione, sottolineando l’importanza di guardare alla sostanza dei fatti: “Trump ha avuto un ruolo chiave in un accordo che potrebbe cambiare la storia del Medio Oriente.

Non riconoscerlo sarebbe un errore intellettuale, prima ancora che politico.”

Parole che, nel giro di poche ore, hanno fatto il giro delle redazioni e riaperto il dibattito sull’influenza americana nel conflitto israelo-palestinese e sulla figura di Donald Trump, che secondo Mieli “merita almeno di essere giudicato senza pregiudizi”.

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