Le auto del giornalista di Report e della figlia fatte esplodere a Pomezia. La premier Giorgia Meloni condanna con fermezza l’attacco e promette tutela per la stampa libera.
Le esplosioni nella notte davanti alla casa del giornalista
Paura nella notte a Campo Ascolano, frazione di Pomezia, dove due auto appartenenti al giornalista Sigfrido Ranucci e a sua figlia sono esplose a causa di un ordigno collocato davanti alla loro abitazione. Le deflagrazioni, udite poco dopo la mezzanotte, hanno scosso il quartiere residenziale e provocato ingenti danni ai veicoli. Sul posto sono intervenuti immediatamente i carabinieri, la Digos, i vigili del fuoco e la scientifica, che hanno avviato i rilievi per stabilire la natura e la potenza dell’esplosivo. Fortunatamente nessuno è rimasto ferito, ma l’episodio ha suscitato un’ondata di sdegno e solidarietà da parte del mondo politico e giornalistico.
La Procura antimafia di Roma ha aperto un’inchiesta sull’accaduto. Le indagini puntano a capire se l’attentato sia collegato all’attività professionale di Ranucci, conduttore della trasmissione “Report” su Rai3, noto per le sue inchieste su potere, economia e criminalità.
Meloni e il Governo: “Un gesto vile, colpita la libertà di stampa”
La presidente del Consiglio Giorgia Meloni ha espresso “piena solidarietà” al giornalista, condannando con fermezza il gesto: «La libertà e l’indipendenza dell’informazione sono valori irrinunciabili delle nostre democrazie, che continueremo a difendere». Parole forti anche dal ministro della Difesa Guido Crosetto, che ha definito l’attacco “un atto gravissimo, vile e inaccettabile”.
Il ministro dell’Interno Matteo Piantedosi ha annunciato l’immediato rafforzamento delle misure di sicurezza intorno a Ranucci: «Si tratta di un gesto vigliacco che rappresenta un attacco non solo alla persona ma alla libertà di stampa. Ci sarà il massimo impegno delle forze di polizia per individuare i responsabili».
Ferma condanna anche da parte del vicepremier Matteo Salvini e del ministro degli Esteri Antonio Tajani, che ha scritto: «Non esiste motivazione che possa giustificare una simile violenza».
Solidarietà bipartisan e indignazione del mondo politico
Dal Parlamento e dai principali partiti è arrivato un fronte comune di solidarietà. Il presidente del Senato Ignazio La Russa ha parlato di “vicenda inquietante” auspicando che “la giustizia faccia rapidamente il suo corso”. La segretaria del Pd Elly Schlein ha definito l’esplosione “un attentato alla democrazia e alla libertà d’informazione”, chiedendo “piena luce sui responsabili e sulle motivazioni del gesto”.
Messaggi di vicinanza sono arrivati anche da Carlo Calenda, Maurizio Lupi, Matteo Renzi, Nicola Fratoianni e Angelo Bonelli, tutti concordi nel definire l’attacco “un colpo diretto al cuore del giornalismo libero”.
Per Maria Elena Boschi di Italia Viva, «chi cerca di far tacere con la violenza il giornalismo d’inchiesta mina i principi costituzionali». Anche gli esponenti del Movimento 5 Stelle hanno espresso sgomento: «Questo è un attacco al cuore della democrazia. Chi tocca Ranucci tocca tutti noi».
Ordine dei giornalisti: “Si alza il tiro, come ai tempi più bui”
Durissimo il commento del presidente nazionale dell’Ordine dei giornalisti, Carlo Bartoli, che ha parlato di “un inquietante salto di qualità negli attacchi al giornalismo d’inchiesta”. «Dopo gli insulti e le campagne di diffamazione – ha dichiarato – ora si torna alle bombe, come ai tempi di Cosa Nostra e delle Brigate Rosse. Chi non china la testa viene colpito». Bartoli ha annunciato che il Consiglio nazionale intraprenderà ogni azione necessaria per denunciare minacce e intimidazioni contro i cronisti.
Unanime, dunque, la richiesta di protezione per Sigfrido Ranucci e la redazione di “Report”, simboli di un giornalismo che continua a cercare la verità nonostante i rischi. L’inchiesta della magistratura dovrà ora stabilire chi ha ordinato e compiuto l’attentato e quale messaggio si volesse mandare a un giornalista che da anni rappresenta una delle voci più scomode e rispettate del panorama italiano.