Landini, l’uomo del “fare zero”: dal flop referendario alla gaffe su Meloni, perfino la Uil lo scarica

Il segretario della Cgil colleziona un disastro dopo l’altro: proteste “a prescindere”, gaffe televisive e isolamento politico. Perfino la Uil lo scarica.

Dai sogni di rivolta al deserto delle piazze

Una volta c’era chi “faceva tredici” al Totocalcio. Oggi Maurizio Landini sembra specializzato nel “fare zero”. Non ne azzecca una — né sul piano politico, né su quello sindacale. Da mesi il leader della Cgil vive un interminabile annus horribilis, costellato di errori, gaffe e scivoloni pubblici che lo hanno trasformato da punto di riferimento della sinistra sindacale a protagonista di una parabola discendente.
La sequenza è nota. Prima la minacciata “rivolta sociale” dell’autunno scorso, che suscitò più imbarazzo che entusiasmo. Poi il disastroso referendum di primavera, lanciato per rilanciare la Cgil e finito con un deserto alle urne.
Nel frattempo, le sue apparizioni televisive si sono trasformate in incubi mediatici. Celebre quella a Rai 3, durante Restart, quando la conduttrice Annalisa Bruchi gli ricordò che il contratto dei vigilantes a 5 euro l’ora — da lui stesso criticato — era stato firmato proprio dalla Cgil. Landini rimase senza parole, in una scena diventata virale.

Insulti, autogol e proteste senza senso

A peggiorare le cose è arrivata l’ennesima gaffe: ospite a La7, Landini ha definito Giorgia Meloni una “cortigiana”. Una caduta di stile che ha scatenato una bufera, costringendolo a goffe giustificazioni. Ma i danni erano già fatti.
Non pago, il leader sindacale ha convocato un’altra manifestazione nazionale “contro la manovra economica” del governo. Piccolo dettaglio: la protesta è stata indetta prima ancora che la manovra fosse scritta e presentata. Una dimostrazione plastica di come l’azione della Cgil sia ormai politica più che sindacale.
E mentre la Cisl lo ha mollato da tempo, ora anche la Uil di Pierpaolo Bombardieri, un tempo alleata, ha preso le distanze. Il fronte unitario dei sindacati è dissolto.

Un sindacato vecchio e scollegato dal mondo reale

Il problema di Landini, però, non è solo politico. È anche generazionale. La Cgil che guida è sempre più lontana dai nuovi lavoratori, dalle partite IVA, dai giovani precari, e sempre più composta da pensionati trattenuti grazie al rinnovo automatico della tessera.
Come osservano gli analisti, “se gli iscritti dovessero rinnovare la tessera ogni anno come i partiti, i numeri crollerebbero”. E mentre Landini si arrampica su slogan vecchi e battaglie ideologiche, perde terreno persino a sinistra: la sigla Usb, più radicale, lo incalza e lo supera in piazza.
Risultato: un leader intrappolato nel suo stesso linguaggio, lontano dal mondo del lavoro e incapace di interpretare il presente. Oggi Landini appare come un sindacalista del passato, isolato anche dentro il suo campo. Il suo destino politico? Un lento e inevitabile scivolamento verso l’irrilevanza.

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