Il neonato abbandonato, lo sfogo di Feltri, “Non si parla, non si aiuta, si condanna. Così si uccide due volte”

Il caso del neonato abbandonato vicino a un cassonetto scuote le coscienze. Vittorio Feltri denuncia: “Famiglie gelide, dove si finge di non vedere per vergogna o comodo”.

Una storia di orrore che rivela il vuoto morale

Le parole di Vittorio Feltri sul caso della donna di Cesena che ha partorito in casa e abbandonato il neonato vicino a un cassonetto toccano un nervo scoperto della nostra società: quello del degrado morale e affettivo. “È impossibile non accorgersi di una gravidanza e di un parto sotto lo stesso tetto. Il problema non è che non si sa, ma che non si vuole sapere”, scrive il giornalista, puntando il dito contro una famiglia cieca per scelta, che ha preferito il silenzio alla verità.
Una scena da incubo: sangue ovunque, tracce del parto, vestiti intrisi, il neonato lasciato al freddo. E poi la frase agghiacciante della nonna: «Non volevo diventare nonna con un figlio fatto a c… di cane». Un pugno nello stomaco, che per Feltri rappresenta “il cuore dell’orrore”, la prova di una vergogna che paralizza e trasforma l’essere umano in una statua di sale.
Altro che amore materno o istinto di protezione: qui c’è rifiuto, disprezzo, negazione della vita”, scrive Feltri, denunciando un male sociale profondo, fatto di mutismo e ipocrisia.

Un dramma che si ripete: il rifiuto come regola

Il direttore editoriale di Libero ricorda come episodi simili si siano già verificati in Italia: dalla giovane di Reggio Calabria che ha ucciso tre neonati alla ragazza che ha seppellito due figli nel giardino di casa. In tutti questi casi, “la narrazione è sempre la stessa: non sapevamo nulla”. Ma per Feltri, dietro quel “non sapere” si nasconde la scelta di non vedere, di ignorare la realtà per non assumersi responsabilità.
Il problema non è solo individuale, ma familiare, sociale, culturale”, sottolinea. Le colpe non riguardano soltanto la madre, ma anche “genitori, compagni, servizi sociali, colleghi e medici di base” che avrebbero dovuto accorgersi di ciò che stava accadendo. “In certe famiglie non si parla, si giudica. Non si aiuta, si condanna. Non si ama, si rifiuta”, afferma Feltri, descrivendo un’Italia in cui la vergogna vale più della verità e dove il dialogo è un lusso dimenticato.

“Il non sapere è una colpa”

Oggi il neonato di Cesena è vivo per miracolo, ma già segnato da un rifiuto primario: “Nessuno dei familiari è andato a trovarlo in ospedale, nessuno lo ha preso in braccio. Neanche la nonna”, denuncia Feltri, che vede in questo gesto “l’atto più atroce di tutti”.
Per il giornalista, non basterà una sentenza a rendere giustizia. “In certe circostanze, il non sapere è già una colpa”, scrive, ricordando che l’indifferenza è la forma più crudele di complicità.
Da uomo, da giornalista e da padre – conclude Feltri – ritengo che non basti dire non sapevo per sentirsi innocenti. In certe storie, chi tace è colpevole quanto chi agisce”.

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