Errore medico, asportata la tiroide per un tumore inesistente, risarcita dopo 8 anni
Una donna di 54 anni ha subito la rimozione totale della tiroide a causa di una diagnosi errata di tumore. Dopo un lungo iter giudiziario, il tribunale civile di Pesaro ha stabilito un risarcimento di oltre 72mila euro a carico del medico e della clinica privata.
Diagnosi errata e intervento chirurgico
Era il 2017 quando una donna di 54 anni, avvertendo un nodulo alla base del collo, si rivolse a uno specialista per accertamenti. Dopo un’ecografia, il medico ritenne necessario approfondire con un esame istologico, che venne eseguito presso l’ospedale di Muraglia. Il referto dell’agoaspirato ipotizzò la presenza di metastasi da carcinoma papillifero della tiroide.
Il 16 febbraio 2017, la paziente si recò nuovamente dallo specialista, che la indirizzò verso una tiroidectomia totale presso una clinica privata. L’intervento venne eseguito il 9 marzo 2017, con la completa asportazione della tiroide.
Il referto definitivo smentisce il tumore
Soltanto sei giorni dopo l’intervento arrivò un’inaspettata svolta. Il campione prelevato durante l’operazione, analizzato da un laboratorio di anatomia patologica privato, evidenziò che la diagnosi iniziale era errata. La paziente non era affetta da tumore, bensì da tiroidite cronica di Hashimoto, un’infiammazione della tiroide.
La scoperta gettò la donna in una condizione di sconforto, spingendola a intraprendere un’azione legale contro il medico che aveva effettuato la diagnosi e contro la clinica in cui era stata operata.
La sentenza e il risarcimento dopo 8 anni
Dopo un lungo iter giudiziario, il tribunale civile di Pesaro ha emesso la sentenza definitiva, riconoscendo alla paziente un risarcimento di 72.100,52 euro, oltre al pagamento delle spese legali. La somma sarà a carico del chirurgo e della clinica privata.
L’episodio evidenzia ancora una volta l’importanza di una diagnosi accurata, soprattutto quando si tratta di patologie complesse. Il caso della donna operata inutilmente ha riacceso il dibattito sulla necessità di una maggiore prudenza nell’interpretazione degli esami clinici, per evitare interventi invasivi non necessari.