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Superbonus, l’eredità pesante della gestione Conte sui conti pubblici

L’impatto del Superbonus sui conti pubblici: la verità nascosta

Il dibattito sull’eredità del Superbonus continua a infiammare il panorama politico ed economico italiano, con alcuni tentativi di minimizzare l’effettivo impatto di questa misura sui conti pubblici. Secondo recenti analisi, l’iniziativa voluta dall’ex governo di Giuseppe Conte avrebbe avuto conseguenze ben più gravi di quanto si voglia ammettere. A fronte di un aumento significativo dei debiti e dei costi pubblici, una certa narrativa sembra voler distorcere la realtà, suggerendo che il Superbonus sia stato un elemento positivo che ha contribuito alla crescita economica.

Sebbene l’attuale governo, ormai in carica da oltre due anni, non possa essere ritenuto direttamente responsabile della creazione di tale disavanzo, alcuni esperti ritengono che l’effetto virtuoso tanto decantato non sia stato altrettanto significativo. In particolare, l’articolo pubblicato su Il Fatto Quotidiano cerca di mettere in luce i presunti benefici della misura, senza tener conto dei dati oggettivi sul suo impatto negativo. “A Palazzo Chigi possono tirare un sospiro di sollievo”, si legge nel pezzo, con il PIL che cresce dello 0,7% nel 2024. Ma questa analisi non considera il fatto che la crescita nominale è stata largamente influenzata dall’inflazione, e non da un reale sviluppo sostenibile, mentre il debito pubblico rimane un tema centrale.

I numeri dell’errore: 123 miliardi di euro e le distorsioni del Superbonus

Uno degli aspetti più controversi della gestione del Superbonus è la cifra astronomica che ha gravato sulle casse dello Stato. Secondo i dati forniti dalla Cgia di Mestre, il costo complessivo della misura ha superato i 123 miliardi di euro. Una cifra che potrebbe sembrare lontana da ogni considerazione pratica, ma che, di fatto, ha avuto pesanti ripercussioni sulla sostenibilità finanziaria del Paese. Se si considera che le risorse a disposizione per fronteggiare le emergenze attuali, come quelle legate alle bollette, sono ben più limitate, è facile comprendere quanto sia stato pericoloso un investimento tanto massiccio e mal pianificato. Non solo: meno di 500mila edifici residenziali sono stati effettivamente ristrutturati grazie al Superbonus, ossia solo il 4% del totale nazionale, con una predominanza di proprietari con un reddito medio-alto.

“Il Superbonus ha significato soprattutto il rifacimento di seconde e terze case a spese dei contribuenti”, sottolineano gli esperti, indicando un paradosso politico ed economico che ha avuto come risultato una redistribuzione a favore dei più benestanti. In sostanza, il governo di Giuseppe Conte ha creato una misura che, pur avendo buone intenzioni, ha finito per rappresentare un “esproprio proletario al contrario”, ossia una “confisca benestante” ai danni dei cittadini meno abbienti.

Un’eredità difficile da giustificare

In conclusione, la gestione del Superbonus rappresenta un capitolo della storia economica italiana che difficilmente verrà dimenticato. Se, da un lato, si cerca di raccontare una storia di crescita economica sostenuta, i numeri parlano chiaro: la misura ha comportato un ingente sacrificio per le finanze pubbliche, con pochi benefici concreti per la maggior parte della popolazione. È evidente che, purtroppo, il Superbonus sia stato più un simbolo di inefficienza politica che un’effettiva spinta alla ripresa.