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“Provocano la polizia per creare martiri”: Feltri contro i sindacati

Il commento di Vittorio Feltri sulla manifestazione di Bologna diventa un atto d’accusa verso la sinistra e i sindacati, colpevoli di fomentare illegalità.

Feltri: “Manifestazione orchestrata, altro che spontaneità”

Sulla protesta dei lavoratori che ha paralizzato la tangenziale di Bologna, Vittorio Feltri non usa mezzi termini. Rispondendo ad un lettore sul quotidiano Il Giornale, il direttore editoriale traccia una linea netta tra diritto di manifestare e illegalità. “È l’esempio perfetto – scrive – di come lo Stato possa conciliare la libertà di protesta con il dovere di garantire l’ordine pubblico”.

Secondo Feltri, l’intervento delle forze dell’ordine sarebbe stato “impeccabile”, nonostante la deviazione non autorizzata del corteo. “Diecimila manifestanti hanno deciso di invadere la tangenziale alle 10 del mattino, violando gli accordi con le autorità. Un gesto che non ha nulla di spontaneo”, ha sottolineato, accusando direttamente i vertici sindacali.

“Sindacati complici del caos: è provocazione studiata a tavolino”

L’affondo è diretto: “Una strategia orchestrata da Cgil, Cisl e Uil per provocare la polizia e ottenere la reazione utile a gridare allo Stato fascista. Ma la reazione non c’è stata”. Per Feltri, quello andato in scena a Bologna è un copione già visto: “Non è una protesta dei lavoratori, è una messinscena politica, organizzata per mettere in difficoltà le istituzioni e manipolare la piazza”.

La colpa, quindi, non sarebbe dello Stato, ma di chi guida certe mobilitazioni: “Ancora una volta – aggiunge il giornalista – la sinistra e i sindacati dimostrano il loro disprezzo per la legalità. Per loro, bloccare strade e città è un diritto. In realtà è un reato”.

“Analfabetismo democratico: chi infrange le regole non è un eroe”

La conclusione di Feltri è tagliente. “Non è lo Stato a opprimere i lavoratori, sono certi sindacalisti a strumentalizzarli in modo spregiudicato, conducendoli in tangenziale solo per bloccare il traffico”. Il vero pericolo, secondo lui, non è nella repressione, ma nell’ignoranza di chi confonde libertà e illegalità.

“Se il rispetto delle regole fa gridare al fascismo, allora – scrive in chiusura – siamo davanti a un grave analfabetismo democratico. Chi chiama disobbedienza ciò che è reato, danneggia la convivenza civile e insulta la vera libertà”.