Il direttore, Vittorio Feltri, risponde a un sedicenne: apprezza lo slancio generoso, ma boccia l’idea di un’Africa federata sotto l’Europa, definendola paternalismo e colonialismo mascherato.
Vittorio Feltri, la lettera al giovane Nicola
Vittorio Feltri ha scelto di rispondere pubblicamente a un ragazzo di sedici anni che gli aveva scritto per raccontargli il suo progetto: un libro in cui immagina i 50 Stati africani oggi sottosviluppati come un grande protettorato federale sotto l’ombrello dell’Europa e del Sudafrica, con l’obiettivo di “aiutarli a casa loro” ed evitare così le ondate migratorie.
Il giornalista ha lodato l’iniziativa e l’impegno del giovane: «Ti ringrazio per la lettera che hai inviato, così come ti faccio i miei complimenti più sinceri per il progetto che stai portando avanti: scrivere un libro a sedici anni non è cosa da poco. Anzi, è cosa rara. Significa che hai una testa che funziona, che ti poni domande e che vuoi lasciare un segno in un tempo in cui i tuoi coetanei sono più occupati a scrollare video che a riflettere sul destino dell’Italia e del mondo. Solo per questo, ti stringerei la mano».
“Un’idea irrealizzabile e paternalista”
Pur riconoscendo la buona fede, Feltri ha demolito l’idea: «Hai immaginato un’idea tanto ardita quanto improbabile: prendere i 50 Stati africani oggi sottosviluppati e farli diventare una sorta di protettorato federale sotto l’ala dell’Europa più ricca e magari anche del Sudafrica. […] Tuttavia, permettimi con la franchezza che mi caratterizza di mostrarti perché questa tua idea, per quanto nata da uno slancio generoso, non è realizzabile».
Per il direttore, già l’Unione Europea fatica a tenere insieme Paesi con secoli di storia condivisa e tradizioni simili: «Ora, immaginare di federalizzare anche 50 Stati africani, con tradizioni, lingue, tribù, conflitti interni e storie totalmente diverse dalle nostre, è come voler aggiungere un’altra decina di giocolieri su una bicicletta già traballante. È impossibile. E verrebbe chiamato colonialismo. Qualcosa che appartiene ad un’altra epoca».
“Non è compito dell’Europa salvare l’Africa”
Il ragionamento di Feltri non si limita alla fattibilità tecnica, ma si sposta sul piano culturale ed etico: «Tu come tanti sembri dare per scontato che spetti all’Europa salvare l’Africa. Come se gli africani fossero eternamente incapaci di provvedere a sé stessi. […] È un’idea che, pur partendo da intenzioni compassionevoli, è figlia di una forma moderna di paternalismo, che alla lunga umilia i popoli invece di liberarli».
Secondo il giornalista, il problema è che «in gran parte del continente africano manca una cultura del lavoro, del merito, della responsabilità individuale. Manca pure la nozione di cosa sia il diritto. È questo un fatto. Certo, ci sono colpe storiche: colonialismo, sfruttamento, guerre importate. Ma c’è anche una tendenza molto comoda a dare sempre la colpa a qualcun altro: l’Occidente, l’Onu, le multinazionali, le frontiere, il clima. Perché così è tanto comodo».
Per Feltri, quindi, la strada non è costruire un macro-progetto assistenzialista: «Non si costruisce una Nazione sull’assistenzialismo. Non si cresce se si pensa che qualcun altro debba farlo al posto tuo. Ed è per questo che l’idea di inglobare l’Africa in una macro-Europa non solo è impraticabile, ma persino nociva: perché continua a dire agli africani “non siete capaci, ci pensiamo noi”».
Il direttore ha concluso incoraggiando il ragazzo a continuare a scrivere e a pensare: «Continua a pensare, a scrivere, a sognare un’Italia migliore. E anche un mondo migliore. Ma ricordati che le soluzioni più giuste sono spesso anche le più semplici. Non servono imperi federali, basta un principio: ognuno si assuma la responsabilità del proprio destino. Noi, gli africani, e chiunque abbia il coraggio di vivere da uomo libero».